Cosa bella numero uno. I The Regal, anche se al loro attivo hanno soltanto lo splendido album omonimo, hanno già un repertorio di propri brani talmente vasto da reggere un concerto di oltre un’ora senza fare alcuna cover, e per una band ai primi live è un gran bel risultato. Soprattutto se si pensa che i pezzi inediti che suonano ai loro concerti incantano tanto quanto i pezzi inseriti nell’album d’esordio, e non si vede l’ora di ascoltarli nel prossimo, di album.
La bellissima voce del cantante Andrea Badalamenti, bella quanto quella di Michael Stipe per prendere una pietra di paragone azzeccata, scivola sull’eleganza dell’abito musicale che la veste, proprio come l’abito giusto che rende stiloso un corpo già sensuale. E qui dobbiamo evidenziare la cosa brutta numero uno: la musica dei The Regal è talmente elegante e bella, come se i Beatles avessero figliato con i R.E.M., che il trio fiorentino deve assolutamente prender coscienza del fatto che quella musica va veicolata attraverso un’immagine adeguata: i The Regal devono essere degni del loro nome e della loro musica anche quando si presentano dal vivo: l’impeccabilità dei loro concerti ha bisogno di riflettersi nella loro immagine. Siano più regali, i The Regal: quando il cantante ad occhi chiusi imbraccia la sua chitarra elettrica e intona meraviglie come “I wanna go back to the start”, “The calling of loneliness” oppure “The last christmas”, la stilosità e la profondità del sound prende ovviamente il sopravvento. Ma non basta: noi li vogliamo più consapevoli della loro bellezza. E badate, non si tratta certo di una mera questione d’immagine: si tratta piuttosto di coerenza stilistica. I The Regal devono stringersi di più attorno al loro magnifico stile musicale, creare con la loro musica un tutt’uno, perchè la musica, soprattutto questa e soprattutto dal vivo, è anima e corpo insieme.
Cosa bella numero due: dal vivo, il talento musicale del trio toscano emerge in tutta la sua delicata potenza. Alessio Consoli al basso e Manuel Pio alla batteria hanno il tiro dei musicisti navigati, e sia quando intonano la ballata “A song for a piano” sia quando avvolgono con gli echi western di “A shot of love”, lasciano senza fiato per il loro respiro internazionale. Questi ragazzi hanno alle spalle la produzione artistica di una volpe musicale come Alberto Mariotti/King Of The Opera, e si sente. Quindi spariamo la cosa brutta numero due: non c’è certamente bisogno, dal vivo, di chiudere ogni pezzo con rulli di batteria e manomorte di chitarra come fosse un compitino da cover band: i pezzi sono belli così come sono, la loro eleganza non può essere messa in discussione da un finale che dopo l’esecuzione impeccabile toglie forza per un errato concetto di ‘chiusura in bellezza’.
I The Regal, forti delle belle recensioni che il loro esordio ha avuto, si lascino contagiare per primi dalla loro bravura, e si affidino con convinzione all’etichetta che li segue, A Buzz Supreme: vogliamo vederli impeccabili su grandi palcoscenici. Noi non possiamo che venirne rapiti, loro non possono e non devono fare altro che migliorarsi e sfondare.
(David Drago)