Il gruppo canadese fondato dal cantante Ryder Havdale arriva al suo quarto album, dopo il debutto datato 2004 (“Rare Birds”). Dunque quello che era nato come side project in cui Havdale riversava la creatività inespressa nei suoi gruppi principali (Kids These Days e Second Narrows) ne ha fatta di strada prima di approdare a questo Damaged Goods.
La forza della band è sempre stata la voce dai tratti soul del cantante e chitarrista (nonchè proprietario della White Whale Records, con la quale incidono ndr) Havdale, sebbene questa sembri poco a fuoco nelle due canzoni d’apertura “Howling at the Moon” e “Wild Dogs”. La successiva “Light You Up” rientra più nel mood che ci si aspetta da Havdale, anche se i suoi due minuti e 11 secondi di esecuzione terminano troppo in fretta, lasciando l’ascoltatore con la sensazione di volerne ancora. Di fatto, comunque, il disco raggiunge il suo apice con la title track e con il suo coro “sing-a-long” che recita: “Non si può negare che siamo merce danneggiata”. Per confezionare il suo disco più corto in termini di durata (appena 30 minuti) Havdale ha reclutato un piccolo esercito di talenti di Toronto per la sua causa, nella cara tradizione canadese del “gruppo/collettivo”, sebbene Havdale rimanga il centro di tutto.
Damaged Goods è dunque un disco breve, ma mentre di solito alcuni tagli strutturali possono aiutare release altrimenti prolisse, questo disco sembra dare l’impressione di un bel film che ha, però, delle scene mancanti.
(Fabio Giobbe)