Grande festa alla corte di Francia… una nuova, elegante band all’orizzonte: si tratta dei VS, gruppo capace di regalare un post rock dall’atmosfera straordinariamente accattivante, miscelato con le giuste dosi di elettronica.
Just a sigh si dipana lungo sei tracce che vi trasporteranno in un mondo surreale, in cui la musica è la sola vera protagonista, come si intuisce fin dal primo pezzo, “One”, un concentrato di chitarre e batteria elettronica che non può non infondere energia, ricordando a tratti i Radiohead più ipnotici e psichedelici (avete presente “Idioteque”?). Vi scoprirete a ballare, catapultati, come vi dicevo, in un mondo parallelo, in cui sono le sensazioni la cosa più importante e non la razionalità. “Industrial” è un pezzo introdotto da percussioni dal sapore afro, che diventano poi parte di un contesto più “freddo”, elettronico, su cui il cantato si erge come elemento principale, riuscendo a trasmettere inquietudine e malinconia allo stesso tempo. La successiva “EXP” torna invece ad ammiccare ad un’elettronica ipnotica, schizofrenica e per questo molto intensa, da cui è quasi naturale restare affascinati: i Depeche Mode che incontrano i Chemical Brothers in una stanza buia. “E-Magine (E-Blood)” è un pezzo onirico, in cui il glockenspiel è il protagonista assoluto della melodia e conferisce al brano una dose di dolcezza, che si arricchisce ulteriormente attraverso un cantato armonioso. Chiudete gli occhi e lasciatevi cullare, non ve ne pentirete. La title track “Just a sigh” è invece un pezzo inquieto, crepuscolare, che risveglia dal torpore soffice di “E-Magine (E-Blood)” e riporta ad una realtà frenetica, in cui manca il tempo per prendersi una pausa e sembra quasi di essere inseguiti sempre dallo spettro di qualcosa da fare o qualcosa che si è scordato. Straordinaria la parte finale del pezzo, con un deciso cambio di ritmo che dà proprio la sensazione che ci si trovi in una corsa contro il tempo verso una meta immaginaria.
La chiusura è affidata alla splendida quiete di “Buy me”, in cui le note di pianoforte e un cantato estremamente intenso sanno emozionare, toccando le corde giuste; la conclusione ideale per un disco che è soprattutto d’atmosfera e che saprà certo non lasciarvi indifferenti. Siamo forse di fronte alla “french version” dei Mogwai? Aspettiamo i prossimi album per scoprirlo…
(Alessio Gallorini)