Quando Trent Reznor annunciò la nascita di questo suo nuovo progetto musicale, e dopo aver ascoltato il primo ep omonimo uscito l’anno scorso, ho faticato a capire le motivazioni che spingevano il musicista americano ad abbandonare la sua prima famiglia (nel 2013 coi NIN avrebbe festeggiato le nozze d’argento e rumors li vorrebbero nuovamente attivi proprio per i venticinque anni di “onorata attività”) a favore di una famiglia nuova di pacca nella quale figura, tra un Atticuss Ross ed un Rob Sheridan, anche sua moglie Mariqueen Maanding. Tre/quarti dei membri di questa nuova avventura musicale a nome How To destroy Angels hanno il dna inzuppato in quegli industrialismi che fecero la fortuna dei Nine Inch Nails, e si sente, la prima dalla seconda band si differenziano (soprattutto) per il cantato, laddovè Trent era il factotum e frontman ora si è ritagliato un posto nelle retrovie lasciando il ruolo da protagonista alla sua dolce metà (che tra l’altro è anche un bel vedere).
omen ep_ contiene sei tracce come il precedente eppì, che a ben pensarci potevano essere raggruppate in un unico album perchè la matrice sonora che li accomuna è la stessa, con una prima parte dove il cantato è sempre presente, la cura per le parti elettroniche è molto più avvincente rispetto alla sua seconda parte, prevalentemente strumentale, con le voci che diventano strumenti filtrati e messi in secondo piano e al servizio delle tracce, senza però trainarle convincentemente. Si diceva del buon trittico iniziale composto dal primo singolo “Keep It Together” dalle elettroniche “malate” che riescono a creare un appeal seducente dal primo all’ultimo minuto, Mariqueen ci mette del suo facendo scivolare in modo lascivo la voce che viene raggiunta in un secondo momento da quella del consorte. Stesso discorso vale anche per “On The Wing” in cui le due voci flirtano e si intrecciano, quella di Trent appare leggermente filtrata, mentre le parti sonore rimandano echi dei NIN più levigati, reminiscenze da “Fragile” e “Year Zero”, di quest’ultimo album si trova traccia anche nella copertina dell’ep (non poteva assere altrimenti visto che l’aspetto visuale in tutte e due i dischi è stato curato da Rob Sheridan). I sette minuti del secondo singolo, “Ice Age”, puntano la luce come un grosso occhio di bue nuovamente su Mariqueen, rendendola prima attrice dall’umore velatamente mesto mentre chiede all’oceano di “lavare via tutto”. Il brano scarno e prevalentemente acustico si muove lentamente, accompagnato dai “rumorismi” affidati a Sheridan, il quale riesce ad infondere una certa inquietudine, una calma apparente, scaturita dal suo registro sonoro, via via che i minuti scorrono. Dei tre brani strumentali invece c’è poco da dire: “The Sleep Of Reason Produces Monsters”, dal Goyano titolo, sembra stata creata appunto per entrare da svegli in uno stato catatonico, le parti elettroniche vacillano in modo ipnotico, poi si stratificano e vengono avvolte da texture oniriche che cessano bruscamente nel finale; “The Loop Closes” e “Speaking in Tongues” portano gli HtDA sui livelli di quei quaranta fantasmi, o giù di lì, di produzione Reznoriana pubblicati in quarto parti nel 2008, qui rimaneggiati (o forse scartati all’epoca) con l’aggiunta sporadica di un cantato mai troppo incisivo.
“omen-ep” può essere ritenuto un buon lavoro che scatena il suo potenziale (ancora inesploso però) soltanto nella sua prima metà, quella in cui la cura delle liriche è più accentuata e dove più che sperimentare e destrutturare si cerca di piantare le basi per una forma canzone. La seconda metà invece scivola via lasciando pochi ricordi di ciò che è stato, tipo quando ti mettono del “Rufilin” nel vodka lemon e tutto intorno inizia ad andare a velocità dimezzata, le voci sembrano lontane, i suoni ovattati e la mattina seguente non ricordi nulla di ciò che è accaduto la sera prima, quindi per il prossimo album si consiglia alla band di bere un paio di birrette e magari di procurarsi un paio di cartoncini imbevuti di dietilamide-25, da sistemare sulla lingua durante le sessioni in studio.
(Antonio Capone)