Se è vero, come canta Moro, che “A good apple hangs in wait on every tree”, allora aspettatevi di trovare tante buone mele sull’albero di Silent Revolution (Registrato presso la cucina di casa Morini e gli studi Cosabeat di Villafranca di Forlì, arrangiato da Franco Naddei e con la produzione esecutiva Raffaele Montanari – PMS Studio).
Per tutti coloro che, come chi scrive, sono abituati ad ascoltare i dischi d’un fiato, dalla prima all’ultima traccia, girando e rigirando tra le mani la confezione, scrutandone la parte grafica fino a conoscerla come le proprie tasche, leggendo i testi e tutto il resto, allora il contrasto tra la copertina “fredda” ed il calore trasmesso dalle 12 canzoni che compongono l’opera salterà subito all’occhio, all’orecchio ed al cuore.
Massimiliano Morini, avvalendosi della collaborazione di altri musicisti (Lorenzo Gasperoni, Francobeat Naddei, Denis Valentini e Paola Venturi), canta in inglese, e lo fa bene, in barba a chi pensa che un italiano non possa cantare in una lingua diversa dalla propria senza risultare poco credibile. Le sue canzoni sono semplici, nel senso più positivo che si possa dare all’aggettivo, e parlano di argomenti che sono di tutti: l’amore e l’odio, oltre alla paura dell’invecchiamento e della morte. Moro fa questo in modo personale, senza inventare nulla di nuovo, ma creando un mondo acustico che è solo il suo, tenendo presenti le proprie radici ed i propri punti di riferimento, ma rimanendo genuinamente Moro.
Ecco che allora evidenziare le tracce dei primi Wilco, dei Turin Brakes, come di Elliot Smith o Paul Weller, serve solo a dare delle coordinate di massima a chi ha intenzione di scoprire l’immaginario pop-folk-rock di matrice sixties di un songwriter da tenere assolutamente d’occhio.
Il disco si apre con “Love and Understanding”, dando subito ad intendere il carattere acustico dell’album, fatto di melodie delicate ed interessanti, accompagnate da arrangiamenti ricchi ma discreti. Su questi binari si muovono anche altri brani (in primis “My New Love”, “Ordinary Days” e la stessa “Silent Revolution”).
Un cenno particolare va fatto alla bellissima “Squander”, ma è tutto il disco a farsi ascoltare con molto piacere, conquistando lentamente ma a fondo chi saprà farsi prendere.
(F. Giobbe)