Ci sono alcuni precisi elementi per il quale sarebbe un peccato non prestare attenzione all’EP d’esordio di Doriana Legge. Elementi che allontanano questo La lista di cose belle da molti dei soliti triti e ritriti lavori di giovani (più o meno) promettenti cantantesse italiane. Le liriche, innanzitutto. La giovane cantautrice abruzzese sa scrivere e lo dimostra pienamente in tutte le cinque tracce che compongono questo esordio. Una scrittura che sa essere al contempo ricercata ed aggressiva, torbida e classica.
Ci riporta a molto rock indipendente italiano anni ’90, da cui Doriana sembra pescare a piene mani, tanto nei testi quanto negli arrangiamenti. Le liriche sono poi valorizzate da un cantato intenso e fortemente comunicativo, che lascia da parte inutili fronzoli, per concentrarsi sulle parole e il loro peso, alternando momenti quasi parlati a melodie mai banali. Musicalmente vengono mixati con gusto rock ed elettronica, senza risparmiarsi nell’uso di distorsioni e divagazioni sintetiche. Se dovessimo trovare dei riferimenti, qualcosa a metà tra la Consoli di “Mediamente isterica” e Meg. Ovviamente, c’è ancora un po’ di strada da fare. Piace anche la scelta produttiva di tenere “un po’ indietro” la voce, per valorizzare gli interessanti arrangiamenti strumentali e dare al tutto un sound un po’ più internazionale. Non manca comunque qualche neo. I suoni rischiano infatti di risultare alla lunga un po’ freddi e distanti, e la scrittura sempre molto cerebrale non aiuta in questo senso. Inoltre le canzoni, per quanto tutte molto buone, sembrano non riuscire sempre a dare la zampata finale. Per intenderci, se il livello fosse costantemente quello della prima traccia “Palinsesti”, saremmo a cavallo. “La lista di cose belle” resta comunque un buonissimo esordio che lascia intravedere cose ancora migliori per il futuro.
(Federico Anelli)