Quando si dice Ballo di San Vito, c’è poco da ridere, quando l’energia fisica e a volte mentale sovrabbonda e bisogna disperderla in qualunque modo possibile, non c’è nulla di meglio che “darla in musica” e agitare all’inverosimile tutta l’aria che sta attorno fino a fanne un vorticoso imbuto dove tutto viene risucchiato in pace e amore.
Non pago di “comandare” nella band dei Middle Brother, fare parte della formazione Deer Tick, il musicista americano John McCauley si intrufola nel progetto sonoro della rock’n’roll band Diamond Rugs, così, come fosse un rattoppo di tempo da recuperare in fretta e con la complicità di un’altra teppa del rock (Steve Berlin) decidono di dare fuoco alle micce e a pezzi che ambedue avevano in qualche posto nascosto e da li a questo disco omonimo il passo elettrico è cosa da niente. Si imbarcano su questa avventura piratesca Robbie Crowell (Deer Tick), Hardy Morris (Dead Confederate), Ian Saint Pè (Black Lips) e Bryan Dufresne (Six Finger Satellites) e che rock sia, senza sé senza ma, classic rock dal sangue yankee con piastrine e globuli rossi targati anni Sessanta, rhythm’ blues, country, odori di Stones giovanili e garage quanto basta per una tracklist viva e sporca per piacere ed ascoltare un buon disco che, senza tante pretese e alamari da mostrare, vive di proprio e suggestiona come un disco di revival “ben fatto” e con i Replacement ben tenuti in considerazione dentro qualche taschino del cuore; quattordici canzoni che sanno di memorie e puzza di alcool, retaggi americani di bassa lega e grandi esplosioni di gioia psichedelica, un corredo amplificato anche da un fattore “eccentrico” che si fa ben volere ed ascoltare, e anche se tutto sembra suonare di traverso se non addirittura stonato, la soddisfazione di sentire uno di quei supergruppi che non si “fabbricano più” è immensa e ti da la voglia e forza di mandare a fare in culo tutto il resto che sta alle spalle.
Diaboliche le avvisaglie post punk che picchiano in “Big god”, il super-luppolo che sguazza in “Gimme a beer”, le visioni drogate di psichedelica che annebbiano totalmente “Country mile”, “Totally lonely”, lo sbattimento sghembo che isterizza (“Blue mountains”) o il garage che spacca di brutto (“Hungover and horny”), queste le “referenze” di un esperimento a tutto rock che McCauley ed i temerari Diamonds Rugs immettono nel circolo sanguigno di questa estate già focosa di suo, ed è un disco che gira forte, anche con la pretesa di farti da ventilatore se stai ai suoi patti, ovvero alzare il loud del tuo stereo al massimo.
(Max Sannella)