Anno 2004. Una notte come tante si stende sulla testa degli edifici di una città italiana qualsiasi, sulla facciata di uno di quegli edifici c’è la finestra di una camera la cui luce accesa avvisa il mondo esterno che lì dentro c’è qualcuno ancora sveglio: è un ragazzo che imbraccia la sua chitarra, suona e butta giù idee durante quella notte ispiratrice e solo al limitare dell’alba spegne il computer sul quale ha registrato i suoi umori in musica, poi mette via la chitarra, chiude in un cassetto quelle canzoni ed il sogno di suonarle davanti ad un pubblico.
Il ragazzo è Duccio Simbeni e quelle canzoni erano state scritte per una band il cui nome sarebbe stato Montgomery. Duccio però nel 2005 si imbarca nell’avventura chiamata Canadians i quali nel 2011, dopo diversi album di buona fattura rock, esplodono in tanti pezzi che andranno a formare altre band, Lava Lava Love e Ancher. Duccio nel frattempo apre quel cassetto rimasto chiuso per sei anni, soffia via la polvere che si era depositata su quei brani e chiama a raccolta Matteo Bertolotti alla chitarra, Daniela Savoldi al violoncello (Le Luci Della Centrale Elettrica, Giorgio Canali) e Simone Gelmini alle percussioni. Il progetto Montgomery diventa finalmente tangibile, cosicché nel 2011 si chiudono in studio (senza Simone che si affiancherà a loro in un secondo momento) per registrare questo eppì di cinque brani assieme a Matteo Cantaluppi (The Record’s, Canadians). Cinque brani delicati nei quali gli intrecci di chitarra e violoncello donano all’ascoltatore venti minuti di leggera malinconia mentre la voce di Duccio, quasi vicina al perenne sussurro, dipinge su tela bianca in tonalità tenui e acquerellate, le percussioni invece restano un po’ in disparte, risaltando solo in certi momenti, nei quali donano una certa epicità o laddove si ha bisogno di un sussulto dell’animo dei protagonisti di questi cinque racconti in musica. I Montogomery si definiscono sweet-folk (per una volta evito io di dare quell’etichetta di genere che certi gruppi tanto odiano) che sembra cucita perfettamente addosso alle silouhettes dei quattro musicisti, tuttavia io posso aggiungere che hanno dei vaghi richiami alle romanticherie di casa Belle and Sebastian o alla raffinatezza dei Nostri più vicini Perturbazione.
Insomma, c’è una qualità negli arrangiamenti che supera la media italiana (probabilmente anche quella internazionale), questo dei Montgomery è un debutto che lascia ben sperare sul futuro “primo disco” su lunga distanza, che a questo punto spero arrivi presto perchè ventuno minuti sono pochi per lasciarsi andare totalmente all’innamoramento di questo rassicurante primo bacio, nonostante ciò sono abbastanza per restarne infatuati. Speriamo solo che la luce di quella cameretta non si spenga nuovamente per poi riaccendersi tra altri sei anni. Sarebbe davvero un peccato aspettare così tanto tempo.
(Antonio Capone)
montgomery from diNotte Records on Vimeo.