AAA cercasi Hank Von Helvete per farlo ritornare alla guida, dopo la fuga, del suo gioiello, ovvero quegli insolenti Turbonegro, detonazione immaginifica figlia inconfessabile di Kiss, Alice Cooper o Motley Crue, e non lo si ricerca solo per nostalgia d’immagine o quant’altro solamente che il suo successore – l’inglese Tony Sylvester – nonostante la conferma trascinante dell’eredità ricevuta ed il proseguo delle affinità – non va oltre, non spinge il resto dei sopravvissuti della band, dopo la reunion del 2002, a bissare i mega successi d’un tempo – leggasi “Apocalypse Dudes” o “Ass Cobra” – ma ad ogni modo per gli incalliti e furenti fan dei nostri Norvegesi rimane la inossidabile “catena di montaggio” di chitarre al fulmicotone e personalità glammy, quel dissacrante “death punk” che coniarono sin dagli inizi dell’avventura, un forte, forsennato e smagliante miscuglio di heavy metal, punk e hard rock che ancora spacca tutto quello che trova sulla sua strada.
Poi come dice il detto, “nuovo ingombro scaccia fantasmi”, ed il sound “Turbonegro” è pur sempre garanzia di spasimo, corsa, amplificatori e distorsori violentati, vive dentro la tracklist il rock stradaiolo della Detroit più infernale (“I gotta knife” , “Buried alive”, “Rise below”), irresistibile la doppietta boogie che torna ad illuminare gli anni Settanta (“Mister sister” e “Shake your shit machine”); non ci sono soluzioni ascrivibili all’originalità, ci si muove sui classicismi hard, quei classicismi però in gran forma e che non mollano una battuta neanche a parlarne, e quando si risentono le quadrature iconoclaste degli AC/DC che fustigano “Tight jeans, loose leash” o il fiatone elettrico di un semprevivo Alice Cooper che agita e bastona (“Dude without a face”) il cuore sanguina bulloni e leather come mai si è visto.
Dalla Norvegia i Turbonegro con Sexual Harassment tornano per privilegiare il buon caos rock, nulla fuori della formula preesistente, ma con quel vizio, quella canaglieria – nonostante, sebbene, a ragion veduta e ragion sentita – di piacere sempre. E Hank Von Helvete? Ogni lasciata è persa!
(Max Sannella)