Un arcobaleno di suoni e colori. Questa è l’immagine che si scatena nella testa fin dal primo ascolto di Beware and Be Grateful, seconda prova dei Maps & Atlases e seguito ideale del percorso iniziato con “Perch Patchwork”. La band è composta da quattro ragazzi di Chicago conosciutisi sui banchi di scuola, i quali dimostrano di avere una tecnica musicale più che invidiabile, unita a un talento non comune.
Tutto ciò si nota subito da “Old & Gray”, prima traccia di questo nuovo lavoro: un affresco musicale fatto di suoni lievi, a cavallo tra pop e sperimentazione, sul quale spicca il cantato originale di David Davison. Si prosegue poi con “Fever”, pezzo che ammicca a sonorità eighties e che risulta assolutamente piacevole, mostrando un’altra sfaccettatura del sound dei M&A. Una sfaccettatura “ballabile”. “Winter” si muove su sonorità più indie-rock, in cui le chitarre sono frizzanti, ben coadiuvate da una batteria accattivante, ritmata ma mai troppo invadente, il tutto ancora una volta impreziosito da un cantato che risulta quasi “black” in alcuni suoi accenti. La successiva “Remote & dark years” fa venire in mente i Death Cab for Cutie; si tratta di una ballata indie rock estremamente ben suonata e attraente, dalla quale è impossibile non lasciarsi trascinare; ci si scopre così a canticchiarla persi nella propria immaginazione. A mio avviso il pezzo migliore del disco. “Silver self” è un pezzo più rarefatto, dalle atmosfere retrò: Antony Hegarty che suona indie pop. Originale e d’impatto allo stesso tempo. Segue “Vampires” pezzo adrenalinico, post-rock nella sua impostazione tutta note stoppate di basso e batteria incalzante: insomma i Maps & Atlases sembrano dire “pensavate che questo non lo sapessimo fare eh?” e dimostrano di avere ancora più di qualche cartuccia da sparare. “Be three years old” sembra quasi un’improvvisazione jazzistica, la conferma della frizzantezza di questo disco, che sa regalare il sorriso come una giornata di sole a metà aprile, quando arriva la primavera e sembra che niente possa andare storto.
Questo viaggio nella primavera sonora dei M&A prosegue facendoci incontrare dei vivaci insetti (“Bugs”) che ravvivano il prato su cui ci siamo sdraiati in preda a quel contagioso sorriso che ci ha donato il pezzo precedente. Per la prima volta gli insetti non sono fastidiosi, anzi, diventano anche loro dei compagni di viaggio. La penultima traccia è “Old Ash”, un brano quasi liturgico nel suo incedere: una litania che risulta comunque perfettamente integrata all’interno di questo disco, come una fermata sulla spiaggia, a rilassarsi dopo le vivide curve del viaggio rappresentate dalle canzoni più movimentate. La chiusura è affidata all’epicità di “Important”: un brano magnifico. Tutto da sentire, con intorno il silenzio e un cielo stellato.
In conclusione i Maps & Atlases si dimostrano una band piena di talento, talmente tanto che è difficile incasellarli in un genere musicale ben definito, ed è proprio questa la loro forza. Pur avendo le “mappe e gli atlanti” in questo disco, c’è da perdersi. Piacevolmente.
(Alessio Gallorini)