Nella maggior parte delle foto in cui sono immortalate le sorelle Colette e Hannah Thurlow, co-intestatarie del progetto musicale 2:54, ho notato un malcelato velo di tristezza che avvolge il loro viso, quel broncio tipico dei musicisti in perenne conflitto col mondo. Mai un sorriso, non ci provano nemmeno, d’altronde è plausibile sentirsi melanconici quando scrivi un album macchiato di spleen come questo qui, col quale hanno debuttato e per il quale c’erano già buoni consensi prima ancora della sua pubblicazione, grazie soprattutto all’ ottimo ep ed al 7″ rilasciati un po’ di tempo fa.
Guardi (ma soprattutto ascolti) quel 2:54 e t’immagini una radiosveglia, di quelle a led coi grossi numeri, il cui rosso bagliore batte ad intermittenza e con tormento ogni secondo che separa la notte dal giorno. T’immagini l’ora in cui le due sorelle si danno appuntamento, mentre tutta la città dorme, per buttare giù gli spunti e le idee che hanno costruito questo album, aiutate dalla placida serenità che solo certe ore notturne possono regalare, addirittura sarebbe potuto essere il concept attorno al quale ruota la storia di due amanti che si incontrano nella stanza di un motel, sempre alla stessa ora, amandosi e raccontando le proprie vite che esistono soltanto grazie a quelle quattro pareti. Insomma ascolti questo album omonimo e ti immagini tutto ciò che la notte puo’ portare con se, consigli compresi, perchè è un album cui le luci si divertono a danzare con le ombre, dove il buio non è terrorizzante ma seducente, un crepuscolo nel quale le due sorelle si trovano a proprio agio, anzi vi si lasciano abbracciare e travolgere dalle sue nebbie dense per rendere tutto ancor più eccitante e misterioso (basta guardare il video di “You’re Early” per capire di cosa sto parlando). Poi invece scopri che 2:54 è “soltanto” il momento preciso di una non ben precisata canzone dei Melvins che le due ragazze trovano irresistibile. Melvins che tra l’altro sono lontani anni luce, musicalmente, da questo disco che al primo ascolto ti intriga con la sua finta semplicità fatta di passaggi melodici che accarezzano uno shoegaze molto “pulito” per i canoni di genere, che incontra la voce di Colette, mai urlante o violenta, con quel non so chè di shirleymansoniano nell’attirarti a sè. Poi ascolti e riascolti l’album è inizi a percepire una tensione nel modo di suonare, che lentamente, quasi strisciando, si insinua e ti scava dentro, diventando minacciosa ma mai pericolosa, grazie alla voce della Thurlow, che rassicurandoti, ti tiene per mano sull’orlo di quel precipizio visibile nell’artwork della copertina.
Le 2:54 fanno centro al primo colpo, grazie anche alla sapiente produzione di Rob Ellis (PJ Harvey, Anna Calvi, Marianne Faithfull tra le sue “assistite”), tessendo 10 brani nei quali convivono in modo ossimorico il sole con la luna, l’oscurità con la luce, una piacevole tristezza con un deprimente sorriso. Quel sorriso che si cela e forse appare un secondo dopo che una loro fotografia, in cui sono ritratte per l’ennesima volta imbronciate, è stata appena scattata. Un angoscioso ammaliamento.