Un disco d’amore: perchè ce ne vuole, e perchè mettere in musica i sentimenti che ci legano gli uni agli altri è un lavoro impegnativo, tutt’altro che banale. Primo capitolo di una trilogia, Rèsina è un album dove Leo Pari racconta storie di sentimenti forti e viscerali, di rapporti consumati tra il quotidiano e la voglia di infinito, dove l’amore è visto come il filo conduttore su cui si inanellano i giorni. Uscito per la Gasvintage Records a fine gennaio, è un disco di rottura: dopo i primi 2 album “LP” del 2006 e “Lettera al Futuro” del 2009 in cui sonorità electrofunk\grime si mescolavano ad un fine cantautorato, nel 2010 per Leo Pari c’è stata prima la svolta rock con il progetto parallelo San la Muerte e l’ uscita dell’omonimo album (ottimo successo di critica, un lungo tour per tutta Italia e qualche tappa negli States) e poi l’ep “Lo spaventapasseri” che anticipava già questo album in cui l’elettronica lascia il posto a sonorità più intime.
Con “Rèsina” hai spento computer e campionatori: tredici brani intimi dalla sonorità immediata, da suonare chitarra e armonica sotto al porticato di una casa in campagna, con una birra fresca, aspettando che il sole tramonti… Perchè questa scelta?
Necessità, fondamentalmente. Non ne potevo più, di quel sound campionato. È come quando vivi con una fidanzata per tani anni e poi dici, cara mi dispiace, ma me ne devo andare, devo percorrere altre strade…
Rèsina è il primo capitolo di una trilogia. Come si svilupperà, qual è il filo conduttore?
Innanzitutto non è detto che sarà consecutiva, forse la inframezzerò con qualcosa di diverso. L’idea di partenza, che è già ben sviluppata, è comunque quella di fare una trilogia sull’esistenza umana. Il primo capitolo, Rèsina appunto, parla del mondo degli affetti, dell’amore, dei sentimenti che ci legano agli altri. Nei prossimi capitoli tratterò di temi legati alla realtà sociale e politica, mentre il terzo capitolo dovrebbe parlare del lavoro, tema oggi piuttosto difficile.
Dal 2006 non ti fermi un secondo: oltre 300 concerti fino ad oggi, passando dai piccoli club di provincia a manifestazioni come il Woodstock a 5 Stelle dello scorso settembre e il V-Day di Grillo. Dove ti trovi meglio, nei club o nelle grandi manifestazioni?
È lo stesso. Suonare dove ci sono venti persone o ventimila è indifferente, nel senso che ci metto sempre la stessa passione,la stessa voglia e lo stesso impegno
La musica indipendente in italia si dice che viva dal vivo, ma è un bel vivere?
Se impari a conviverci, si. Ci vorrebbe un po’ meno mainstream, ovvero non dovrebbe più esistere, la linea di confine tra mainstream e indie. Dovrebbe essere superata ormai, musica indipendente e mainstream sono definizioni che non hanno più senso, pochissime cose escono ormai con le major e sono quelle cose legate alla tv, ai talent show. Direi che oggi la musica non ha più bisogno di etichette, in nessun senso.
Hai collaborato, nella tua carriera, con artisti come Simone Cristicchi, Punkreas, Marco Fabi, Pier Cortese, Piotta, Roberto Angelini. Che rapporto c’è tra artisti della scena indie?
In questo disco hanno suonato con me molti musicisti amici. In “Piume di drago” suona Roberto Angelini, poi con Marco Fabi abbiamo prodotto insieme l’album, poi ci sono Pier Cortese, Jeff Mancini, Pietro Sinatra, Andrea Pesce, Samuele Matteucci, Emanuele Guidoboni: è un disco dove è tutto suonato, un bisogno di sincerità artistica, anche per accompagnare le tematiche intime del disco, che è come un concept, una storia d’amore lunga tredici brani. Il rapporto tra artisti nella scena indie è ottimo, secondo me, di totale solidarietà. Ho sempre trovato persone disponibili a darsi una mano. Anche se c’è chi all’interno di questa realtà comincia a ragionare in maniera un po’ troppo imprenditoriale, e lì le dinamiche diventano tristi: lo spirito della musica, per quanto lavoro e mestiere, deve restare libero.
Nel 2010 hai fondato anche l’etichetta Gas Vintage Records con la quale pubblichi i tuoi lavori e produci altri artisti della scena underground. Ce ne parli?
Ho prodotto con questa etichetta il nuovo lavoro di Roberto Angelini e Pier Cortese, che si chama ‘Discoverland’ ed è appena uscito.
Ma nell’era del web e del do it yourself, c’è bisogno ancora di un’etichetta discografica per promuovere la propria musica? È un dibattito piuttosto sentito nella scena indipendente.
In effetti, per promuovere la propria musica in questo momento serve soprattutto un buon ufficio stampa e una buona agenzia di booking, non facili peraltro da trovare. Il booking per suonare e l’ufficio stampa comunicare chi sei ai media, che non sempre sono disponibili a capire se non uno bravo che glielo spiega…
Proseguirai il progetto parallelo dei San La Muerte, dopo il successo dell’album omonimo?
Per adesso no. Sto realizzando invece un nuovo ep, scritto a Roma durante i giorni della neve, che probabilmente rilascerò in download gratuito. Il progetto San La Muerte per ora è fermo. Dorme, vedremo se e quando si risveglierà..
(David Drago)
(per ascoltare e scaricare l’intervista e lo showcase radiofonico di Leo Pari, QUI trovi la puntata del 23 marzo su Radio Insieme)