Cambiare pelle è necessario, mutare il proprio essere artistico da come lo si era fatto conoscere è un effetto importante, non tanto per rifarsi l’anima ed il corpo, quanto per ristabilire la giusta misura/dose che occorre per non sedimentare nelle proprie orme, per stabilire marcatamente quel flebile spago che divide il coraggio dall’annaspare a vuoto e prendere quei metri con se stesso, per vedere quanto c’è dentro di quella rivoluzione intima da mettere all’aria come panni lavati da poco.
Diego Mancino, una delle figure più luminescenti della nuova stagione d’autore rientra in questo camaleontico cambio, prende un nuovo aspetto musicale e si mette in gioco con il nuovo disco È necessario, tutt’altro sonicamente dal Mancino che già conosciamo, un undici tracce prodotte da Dj Myke e Marco Zangirolami e che si muovono tra campionamenti, arie elettroniche, movenze grime, sperimentazione e quella poesia “ricostruita” che l’artista milanese maneggia come pongo in preda a fasi lunari di creatività assoluta.
Una liberazione intima ed emozionale che Mancino giostra come un’installazione fotografica, con il ritmo ininterrotto di salti nel passato e ritorni nel futuro, un fluido bellissimo che testimonia la parallela simultaneità delle emozioni in cui l’ascolto si rotola, avviluppa, ogni volta reinventato, decostruito ed esteriorizzato come il verosimile detta; ma anche un disco personale, un viaggio per liberare gli opposti che si accumulano strada facendo, in ogni ora, tra le stratificazioni pensierose (“Colpa della musica”), dentro le macchinazioni grime (“È necessario”), sotto le strobo di una dance riflessiva, da tornaconto vitale (“Qui è così”) come nel pop alieno “Sexy” o nelle metriche a battuta dell’hip hop soffuso di RB (“Nei baci no”, “Solo un momento”), fintanto che arriva (“Milioni di minuti”) che ci riposta – come un ramo levigato da maremoti senza tempo – il Mancino della vecchia guardia, immerso nella sua poesia intimista di crescendi e mondi a forma di cuore gonfio.
La nuova geometria cantautorale di questo musicista è racchiusa in questo disco di partiture innovative e sguardi rinnovati, e quello che poteva gelare inizialmente si scioglie in uno stupore d’alta qualità che – lasciatecelo proprio dire – ci toglie queste parole di bocca: Caro Diego ci hai giocato veramente un bellissimo tiro Mancino!
(Max Sannella)