Come passa il tempo, già cinque anni dall’ultimo album d’inediti e due da quella Lemonade che aveva intasato ogni palinsesto radiofonico; a ricordarcelo è The great shake il nuovo lavoro dei Planet Funk che arriva a sancire una svolta – che non esiste – circa l’avvicendamento alla voce di Alex Hulman che prende il posto del funambolico ex-Servant Dan Blak, la sostanza a molla che aveva portato la formazione campano/toscana ai vertici della funk-dance europea, ma ora, ficcando il naso qui dentro, nonostante l’euforia e tutto l’impegno profuso quell’alchimia d’un tempo non viene più a galla, rimane inespressa sotto le pieghe dei ricordi dei grandi numeri di Inside All The People e Chase The Sun.
La sorpresa che scintillava negli “originali” era tutta un’altra cosa, a partire da quella voglia pazza d’europeizzazione acuta che era rimasta come scommessa riuscita e che ora ritorna alle più confortevoli arie di casa, troppo, ma di casa, nove tracce che si competono una fiacca pop-dance come ce ne sono a tonnellate in giro per la galassia danzereccia, e il funk? Non pervenuto forse ha deciso di tornarsene dai suoi avi a scaldarsi, mentre avanzano – come un dispetto della storia – variazioni e colori sbiaditi electro-rock di razza wave che paiono muoversi con l’inerzia di una sciatalgia tutta Italiana; tutto è troppo pop accomodante, senza la grinta storta e pirotecnica dei vecchi tempi, una tracklist liscia e glucosata, un’house al miele che ha il suo culmine in “Ora il mondo è perfetto” interpretata a melò da un singhiozzante Sangiorgi dei Negroamaro.
Eccetto la sparuta vitalità di “Another sunrise” che da il La ad una fregatura di massa, arrivano trafelate l’ansia garbata di “How should I know”, lo shuffle Ottantiano regno di sintetizzatori “Live it up”, lo specchio riflettente dei Prefab Sprout (“The other side” e “You remain”); con questo nuovo album dei Planet Funk assistiamo, nostro malgrado, al ritorno di un anonimato musicale che fa male solo a pensarlo, ma è così, un logo che si è ammorbidito fino a rasentare il nulla che è predominante al pari delle produzioni alla Cecchetto, e ciò non può veramente che far male, male davvero. La Bella Napoli perde una formazione storica, e i PF poi lo chiamano il Grande Scossone, ma ci faccino il piacere, ci faccino!!!
(Max Sannella)