Non c’è band migliore dei Kasabian in circolazione… stando alle charts dei dischi più venduti in Inghilterra. Schizzato al primo posto nei giorni successivi l’uscita, il nuovo album della band di Leicester per ora rimane tra i piani alti delle preferenze inglesi. Ma non si tratta di una novità. Successe lo stesso anche per i precedenti album che, di fatto, consacrarono la band come una delle realtà più interessanti del Regno Unito degli ultimi anni. Il punto ora è questo: il successo di Velociraptor! è determinato dalla sua qualità o da semplice consuetudine?
Già dai primi ascolti, l’impressione è che Sergio Pizzorno (mente del gruppo di chiare origini italiane) e soci abbiano voluto recuperare quanto di meglio sia stato fatto in Inghilterra negli ultimi cinquanta anni. Insomma, da quando si è iniziato a parlare di rock. Sì, perché un brano come “Let’s roll just like we used to” rievoca melodie molto vicine ai Rolling Stones e “La Fée Verte” sa tanto di Beatles (palesemente omaggiati col verso “I see Lucy in the sky / telling me I’m high”). Ma c’è molto di più: ci sono rimescolamenti elettronici (“Velociraptor!” e “Switchblade smiles”), c’è l’ibridismo dei Primal Scream (“Days are forgotten” che tutt’ora spopola tra le radio di mezzo mondo), c’è “Man of simple pleasures” che ricorda nella parte introduttiva i Gorillaz, per non parlare di “I hear voices” che oltrepassa i confini rock per esplorare sonorità acid house. Insomma, ce n’è per tutti.
Si tratta, quindi, di un’opera post-moderna, priva di rigori stilistici e immersa tra le molteplici influenze (non sarà poi troppo?) o molto semplicemente i nostri hanno voluto mettere insieme undici buoni brani senza porsi tanto il problema del risultato finale?
Non ci vuole tanto per capire su quale delle due ipotesi scommettere, anche se ormai non servirebbe più a niente. Le charts inglesi hanno già decretato il successo dell’ultima fatica dei Kasabian. Non è forse sufficiente per capire che si tratta di un ottimo album o magari del migliore?
(S. de Traumnovelle)