Per la serie storie d’ordinaria foschia, da Avellino arriva il graffio elettrico degli Slow Motion Genocide, formazione di post-rock meticciato devota al dio Ampera, un punto di forza catalizzatrice che è una sorta di geniale celebrazione della paranoia urbana; allucinato e di respiro, il disco, uno slim Ep di cinque tracce che riporta solamente il nome della band, esterna immediatamente un appeal cianotico di straordinarie “impression” come fossero una divagazione letteraria di Patricia Highsmith lette di soppiatto in un bagno sporco della metropolitana di Detroit.
Atmosfere cinematiche, noir, di giungla d’asfalto, una mimetica sensazione di essere braccati e prede da un qualcosa che ansima e ti segue dall’opener all’ending e che monta il ritmo di una preghiera atea ispessita dall’accorata esigenza di scoppiare; nessuna parola ma solo una strumentazione che fa scintille e smerigliamenti, un ritmo di cadenza acido, industrial noise che t’investe come una lava in slittamento. La fagocitazione ispirativa di marca Mogwai e la pressione sanguigna Chicagoana che pompa Russian Circles e Mono, è l’efficienza energetica che questo piccolo gioiello emaciato di buio ci regala per un pugno di minuti dove l’attesa del suo passaggio sullo stereo fa rizzare il pelo e sbavare alla grande, tanto è attesa quella giusta paranoia della quale – una volta tanto – non si può farne a meno. A random tra le “insidie” che gli SMG hanno disseminato tra le vene della tracklist, stupendo lo shuffle caotico bastonato da una ritmica carribean tribal (“Pinball”), mega il giro di basso funk ossesso che brontola sotto il ringhio di una chitarra alla Mark Farner dei Grand Funk Railroad (“Make or break”), ipnotico il dondolio shoegazer/dub col saporino alla Don Pullen per quelle tastierine simulate di sottofondo (“Gamino”), di liberazione muscolare gli sbuffi e i mugugni che escono dalla skizzata “Deep needles” ed infine si va in gloria con “Your strenght my weakness” baciando le distorsioni e inginocchiandosi devotamente ai piedi del caos controllato, di quello strano struffare stoner che come una serpe s’insinua per disintegrarsi nella sua soluzione finale al calor bianco.
Da Avellino una grande forza emergente, un impianto sonico eccellente dentro un Ep che istintivamente ci fa coprire gli occhi per salvarli dal bagliore nero che erutta. Eccellenza in arrivo, fate largo grazie!
(Max Sannella)