Altro atteso album che si materializza in men che si dica; tornano le folgorazioni punk-rock dei veneti Duracel, band vivacissima, con inquieto pedigree, e tornano con Nati negli anni ‘80, dodici mine vaganti con colorazioni e frenesie poppyes-garage, chitarre spianate pronte allo sparo, ritmiche incalzanti dentro una tracklist ultrasuonata figlia illegittima dei migliori baccanali Cramps.
Nello schizofrenico girovagare di pedaliere agli spasmi che si lasciano andare alla sbornia colossale di un sound totale e mastodontico, i Duracel lasciano anche spazio all’intelligenza di testi e concezioni umane che fanno baldoria e pensieri tra un woofer e l’altro, e la loro è una ricetta vincente, un bell’upper cut di testosterone a mille e la dura razione di anni 60/90 e appunto gli 80 a cui è aliena la parolina ruggine; intelligenza scapestrata che la band non fa mancare e che arriva fin qui, alla scossa degli anni 00.
Nelle intercapedini del disco ci sono più di un biglietto da visita della loro geniale sfrontatezza, le loro scorribande elettriche danno un move-it tremebondo, danno la spinta dal basso e dal di dentro per un pogo da codice rosso di incosciente sicurezza; questi veneti stanno facendo tutto alla grande, trapanano con i loro ritornelli goliardi, inni alla libertà e dita negli occhi di tante merdate di questa socièta balorda, anomala; titoli come “Nati negli anni ‘80”, “Una ragazza che va in Tv”, “Stanotte”, “Hanno ammazzato il Rock’n’Roll” sono delizie punkedeliche al vetriolo, entità generate nelle spire sotterranee del disgusto e del successivo vomito, ma contemporaneamente roba prelibata da gustare avidamente, a ganasse espanse.
Sex Pistols e Mistonocivo, Look See Proof e The Ripper fanno da “santeria” ovunque si prenda la tracklist, tutto è una tagliente armonica ipercinetica che fa dimagrire in poco tempo, “La rete del niente”, “Non capisco più i giovani”, “Non bruciavano così” sono contundenti amplificati mentre “Io ti difenderò” è l’unica ballatona amperica che fa una carezza ad un cuore da difendere, un amore che già in precedenza – sicuramente – è rimasto scottato “cocentemente”; sì un disco che fa andare il sangue alle tempie, una felice combine di energia e spirit free che i Duracel sputano in faccia al fondotinta dei bacchettoni del falso buon pensiero, del prestato al potere.
Sono i giro per far esplodere l’ipocrisia a furor di watt, seguiteli se ne avete il coraggio, e che il dio incazzato del punk ve ne renda merito.
(Max Sannella)