La traccia numero 4 di questo disco s’intitola “Piramide (Signoraggio)” ed è senza dubbio il più bel brano che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi (diciamo) 18 anni. C’è una forza esplosiva negli Spread che scivola, inafferrabile, raffinata, da me invidiata. Tutto denso e multicolore come solo dei bravissimi (et ispiratissimi) musicanti possono mai creare (anche se “Gundam” stento ad accettarla).
Venti di psichedelismo e tratti virtuosi ma anche l’odierno marta-sui-tubismo (di “In guardia!”), viaggiano come dei treni impazziti (citiamo “Urina”), a un filo dal disastro (vittime e dispersi) per poi accarezzarsi dolci e amorevoli nella struttura perfetta del cerchio di ognuno di questi 10 luminescenti deliri bergamaschi. Accenno per cronaca alla mano delicata di Alberto Ferrari (Verdena) solo per sottolineare il macigno acustico che ne deriva (“Il castello di Poppi” invece la posso anche, al limite, accettare). Non ci sono punti deboli, non ci sono scuse, questi sono fuoriclasse che creano “Moscerini fiacchi” come se niente fosse, quindi ascoltare in silenzio meditativo.
Non si sa bene di che parlino questi Spread, alla fine poco importa, quadra tutto. La decadenza del “Fin che la barca và” qui proposta entrerà ben presto nell’indispensabile e nell’attesa di tale evento storico mi prostro in doverosa reverenza difronte questa bella banda fuori-tempo.
(Gabriele Gismondi)