È fuori dubbio che essere vittime di questi colpi di sole nel mezzo di “lumi di luna afasici” che inghiottono la nostra povera musica alternativa è cosa preziosa e da tenere nascosta come miracolistica insperata. Esauriti i preamboli, dal Belgio un bel disco, solare e che manco a dirlo s’intitola Colpo di sole del musicista italiano Giacomo Lariccia, dieci tracce di sudore e piacevole affanno che favoriscono la sana costituzione energetica di uscire fuori all’aria ad inalare a narici quadruplicate tutta la fragranza che quest’italo-belga rilascia come un deodorante di una primavera infinita.
Canzone d’autore che guarda ad occhi pieni alla grande Scuola di Penna italiana, poi mille sfumature, soluzioni originali e teneri momenti di pensiero serio alla De Gregori (“Roma occupata”, “L’attendente Cancione in bicicletta”), una miscela personale e flessibile in un’orbita che sorvola di continuo punti di riferimento d’evocazioni e sguardi allungati; tracce che inseguono se stesse con la pazienza dei veri raccounteurs, senza la tentazione di strafare ma con di lasciare tra i solchi dell’udito semenze fruttifere di storie e ritmi che diverranno – e lo sono – fiori di poesia suggestivi. Tira vento dal sud carrettero che batte penna e trombe tra Bandabardò, Roy Paci e Manu Chao (“Scendo pedalando”, “Colpo di sole”), dondola guardinga “Freddo” con quel pathos alla Zampaglione che sofistica gli svolazzi di sax, scivola la languida sensualità latin tra occhi e illusioni (“Camaleonte”), strizza il cuore di malinconia il walzer slow che arrota il sentimento come una lama complice “Ninna nanna alla fine della guerra” fino all’esplosione di pizzica che ossessiona benevolmente il sangue e la voglia di purificarsi da storie e pettegolezzi paesani (“Sant’Eccehomo”). Giacomo Lariccia non soffre di vuoti dissolti per trovare parole che spieghino la propria musica o per raccontarti stati d’animo castranti, suona, canta, trasmette metri cubi di pace e fa anche ballare come in un festa sonante d’altri tempi, dove trovano posto il vivace e la memoria che conquistano per l’imperturbabile magia colorata che diffondono tutt’intorno.
Dal Belgio, dove l’artista è andato a vivere da un po’, una corale promessa in picchiata che prima o poi colonizzerà repentinamente questo caro nostro stivale dal passo claudicante e, aspettando questa bella “raddrizzata”, riascoltiamo a loud vertiginoso Scendo Pedalando per scompigliarci i capelli nel suo andare libera controvento. Bello.
(Max Sannella)
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