È difficile far capire alle persone che gli Useless Wooden Toys stanno a “Il Tirannosauro” come i Velvet stanno a “Boyband”. Canzone loro, i diritti SIAE vanno a loro, ma il concetto di fondo è ironico. Almeno spero. Cioè, se fosse una provocazione, un prendersi gioco della mediocrità dei seguaci di Sinclar, Guetta e compagnia cantante, sarebbe geniale. Il problema è che pare che i due stiano un po ’troppo al gioco.
Sarebbe un peccato, considerando la qualità che Piatto Forte semina ovunque si appoggi. Partendo proprio dal primo pezzo, “Facciamo la rivoluzione”, dove degli Ex-Otago completamente in bambola di sé stessi e dell’imperativo categorico generale (parlare male dei nostri tempi, della politica, dei soldi che non ci sono etc.) spalmano veleno ipnotico su basi indubbiamente sopra le righe. “ABC (È facile)” si avvale della collaborazione di un mostro sacro come Bassi Maestro, che con Supa e Rido confeziona un pezzo incalzante che potrebbe stare nelle selezioni dei party più in di New York così come nelle cuffie degli indie in attesa alla fermata di Largo Preneste, con la stessa disinvoltura. Scioltezza che riesce anche a coinvolgere e sconvolgere un personaggio “controverso” come Piotta, in eterno bilico tra credibilità underground e commercialità mainstream, che torna a rimare un testo di qualità simile a “L’Antagonista” (il miglior pezzo del sig. Zanello, nda). Da bravi, mangiate tutto, che di carne al fuoco ce n’è anche per tutta la vostra comitiva. Sarà per una particolare predilezione nei confronti dei My Awesome Mixtape, sarà per una neppure tanto nascosta passione per i synth old school, ma ascoltate “Colors” e ditemi se stiamo parlando degli ennesimi buffoni spintissimi da Rockit o di un gruppo con due attributi di dimensioni vaccine. È indubbia la precisione in un genere che nasce per creare il caos come quello degli Useless Wooden Toys, tuttavia anche in questa “precisione”, in questa “pulizia”, i pezzi come “Selecta”, con Entics, riescono a pompare di brutto. Ed è una festa senza fine quella che si snoda ascoltando questo disco, che a mio modesto avviso più che “Piatto forte” avrebbe dovuto intitolarsi “Piatto RICCO”. “Octane”, con Jams F.Kennedy, personaggio del quale ignoro totalmente la caratura artistica, è un pezzo, diciamolo, tranquillo rispetto all’andatura media in bpm dell’album. Gli amichetti della Riotmaker, appena sentono profumo di “pop sbagliato” corrono. E così “Pacca sulla spalla” segna anche un nuovo inizio per gli Amari, che sembrano ritrovare quella verve lirico-melodica che aveva reso loro la vita più facile in “Scimmie d’amore” e che invece risultava latitante in “Poweri”. “Non soddisfa”, traccia che ospita Swim e Ghemon è il secondo singolo dell’album, una “ballata” (si può usare questo termine nel descrivere questa musica?) che nel ritornello si apre elencando le tante, troppe cose che non soddisfano. Altre due perle si trovano alla fine del disco. L’onnipresente cantautorap Dargen D’Amico che in “Pioverà benza” poggia sul tavolo l’ennesimo discrimine tra chi sa lavorare e chi no; ed Il Genio, presente su “Di bugie e verità”, probabilmente il pezzo più “alto” del disco, risultante dell’incrocio perfetto tra la base elettronica e il testo smaccatamente pop.
Un “Piatto forte” che è anche un piatto unico, che sazia già dal primo ascolto però ciclicamente chiede di essere riproposto; un disco che se fosse uscito quattro o cinque mesi fa ci avrebbe risparmiato un’estate di “A far l’amore comincia tu”. Vorrà dire che perlomeno a Capodanno ci sarà un’alternativa al peppèpeppèpeppè.
(Mario Mucedola)