Un esordio tutto stile per Andrea Massone e il suo L’Affare dell’anima. Undici brani dal deciso sapore cantautoriale ma con tanti retrogusti diversi. L’ormai quarantenne musicoterapeuta di Rapallo dimostra di saperci fare, affondando decise le sue radici nella tradizione del cantautorato italiano. E, può sembrar strano, ma l’aria di Genova, dove il cantautore vive e lavora, sembra trasparire e regalargli una somiglianza, seppur lontana, al De Andrè di “Anime Salve”.
Collocare il disco in un genere risulta difficile, “L’affare dell’anima” spazia con leggerezza dal jazz alla musica popolare, per avvicinarsi poi al rock e al pop della musica “leggera” italiana.
“Lisciva” apre l’album e lascia intuire subito la suddetta somiglianza all’immenso Faber nel richiamo al genovese del ritornello di un pezzo che rischia di sviare l’ascoltatore sulla qualità del disco che tocca sicuramente punti più alti. “Le chiavi del discorso” esalta le qualità jazz degli incroci tra il testo e le frasi del sax alto di Claudio Capurro. “Estremo limite estremo” ha le chitarre gitane e l’immaginario da festa di paese tutto fisarmonica e folklore che ricorda in molti punti Vinicio Capossela. Il pop leggero di “Mondo di vetro” sembra invece privilegiare di più il testo, una richiesta di speranza e d’amore che esplode, ancora una volta, in un’ottima prova d’assolo del sax alto. “Castagna” è un bellissimo dipinto della vita nei campi, e rappresenta uno dei punti più toccanti dell’intero disco, così come “Il Porto” che dimostra e conferma l’abilità di Andrea Massone nel disegnare scenari (che tornerà ne “La campagna”). All’ascolto di “Credimi” è difficile non pensare immediatamente a Samuele Bersani, negli arrangiamenti e nella leggerezza e l’ironia tipici del cantautore emiliano. “Non è così che partirò” chiude l’album in modo sicuramente migliore rispetto all’apertura: lo swing è leggero e non pretende clamori, si lascia ascoltare e ti fa muovere il corpo al suo leggero tempo.
Un disco dall’ascolto non complesso ma particolare, associabile in ogni sua sfumatura, ma non per questo necessariamente “già sentito”. Una prima prova che premia la maturità, il buon ascolto e la tradizione.
(Giampiero Troianiello)