Dall’ex Stalingrado milanese, al mondo Sesto San Giovanni, arriva trafelata la disperazione solidale ed il riscatto riflessivo dei Motel 20099, che nel nuovo Mono mettono a punto il bilanciamento tra gli umori della voce e le scariche elettriche della chitarra per quadrare una perfetta sensazione di “allarme buono” sonico che va poi a far girare l’atmosfera di tutta la tracklist.
Stupendamente “disturbante” l’album ha i suoni angolari del rock scartavetrato, lo spirito battagliero degli anni novanta e le melodie disagiate dell’indipendenza scarnificata, un frenetismo primariamente distorto che lascia anche contusioni ed ecchimosi al suo passaggio, specie in alcuni testi che assumono la forma di un cazzotto sulla bocchetta dello stomaco (“FedericoAldrovanti”) traccia rovente sulla vicenda del giovane assassinato dalla polizia nella provincia di Ferrara.
Paolino, Mattia, Virgilio e Marco, le quattro simpatiche canaglie che hanno “disegnato” queste tracce come in un gioco di contrasti sonici di passione ed anima “pensante”, fanno strike al primo ascolto, gestiscono un meccanismo sonante che non lascia pertugi e slabbrature nella tessitura globale delle tracce, personalità e quel sapore meravigliosamente antico di quelle registrazioni vintage (“Impacchettato”) che ci portano a perderci nei meandri sensibili del rock slegato e fuggente, libero come naturale sfogo amplificato. Dieci tracce che non sanno cos’è un fiatone, che riconfermano quanto di buono fatto all’esordio e che si vanno ad infilare saldamente in quella corsia che si chiama futura via d’uscita dall’underground intesa come liberazione dall’essere sconosciuti ai più, perché la convinzione di avere a che fare con una band dai forti connotati e qui sotto il lettore ottico LG a prova di tutti.
Bellissima l’apertura della ballata amara “Quattro passi”, traccia gonfia di malinconia in cui intervengono splendidi Umberto Palazzo e Il Santo Niente, vibranti le corde elettriche che fanno saltare nei solchi di un post-punk effervescente (“Lezioni di nuoto”, “Piramide nera”), dure le vene della gola che si tendono in “Moleskin” ma che si distendono nella ballad sixsteen, confidenziale, dolce e piena d’amore, già hit-wonder conclamata senza tanti preamboli “Settembre”; praticamente un passaporto che farà sottofondo per i vostri viaggi tra coni, woofer e ritorno.
I Motel 20099 sono un sussulto che attraversa la spina dorsale, lo spasmo vitale che ci voleva per energizzare il delirio consistente di sentire ancora in giro musica coi testicoli.
(Max Sannella)