Si dice che uno dei segreti dietro a una relazione duratura sia la capacità di sorprendere il partner, dimostrargli che non ci si è accoccolati nel nido dopo la posa dell’ultimo stecco ma che si può ancora fargli battere forte il cuore, anche dopo anni insieme. Facile a dirsi; ma a farsi? quante relazioni muoiono per inedia? Estendendo il concetto ad un altro tipo di amore, ossia la passione platonica tra artista e fan, la valenza non cambia.
E i Mogwai devono avere un buon consulente di coppia: Earth Division fa battere il cuore. Dopo la sbornia dell’ottimo Hardcore Will Never Die, But You Will, gli scozzesi tornano con un EP di quattro tracce, una sorta di mazzo di fiori recapitato a casa una sera piovosa qualsiasi di un novembre qualsiasi. Regalerebbe il sorriso a chiunque. Non fa nulla se nel mazzo ci sono una gerbera, una rosa, un papavero e un girasole: sono talmente splendenti e freschi che paiono colti dallo stesso campo. Earth Division non è un lavoro organico, ma è sorprendente nella sua eleganza: quattro capricci, racchiusi nella cornice elegiaca degli archi, che svelano un lato della band meno post e più sognante. Una costante nei Mogwai è la tensione che soggiace a tutti i brani, come una furia pronta ad esplodere da un momento all’altro o una minaccia percepita dietro l’angolo; mandi in play Earth Division e parte “Get to France”, un motivetto strimpellato al piano da John Cummings che ruota attorno a una melodia semplice e spontanea quanto la malinconia che ci colpiva da bambini quando i grandi litigavano e non si capiva perché. Non c’è crescendo, non c’è pathos trattenuto, solo l’emozione nuda e cruda che si svela. “Hound of Winter” è addirittura una ballad cantata, sussurrata con un uovo sodo in gola che non va né su né giù. Sono i Mogwai più unplugged che si abbia mai sentito. La seconda metà dell’EP, invece, si fa più cinematica, quasi fosse una colonna sonora in cerca della pellicola perduta: in “Drunk and Crazy” tornano le distorsioni, ma il brano è un patchwork del produttore Paul Savage, il quale ha sovrapposto il piano di Barry Burns e registrazioni di archi e chitarre preparate in diverse occasioni, mentre “Does This Always Happen?” è un cucciolo fuggito dalla soundtrack di Requiem For A Dream di Aronofsky.
Earth Division è una dimostrazione di classe e vitalità che dopo oltre 10 anni di carriera non può non far piacere; l’ascolto è sì disorientante, ma ricco di stimoli, tanto da spingere a porsi domande sulla produzione futura di una band che si pensava ormai comoda nel suo alveo. Meglio non dare per scontati i Mogwai: i capelli cadono, le pance si gonfiano, ci si conosce sempre meglio, ma gli occhi ancora brillano e il cuore sussulta.
(Francesco Morstabilini)
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