Per farsi una ragione di come il vento dell’emergenza sonora sia sempre foriero di buone novità e d’azzeccate intuizioni, basta aprire la cover di quest’album Jealousy della band piemontese The Megs, ficcarci dentro testa e cuore e poi anche bestemmiarci sopra , sulla domanda – sempre senza risposta – del perché a certe situazioni sonore siano negate le basi per lanciare un nuovo modo di fare rock dell’understatement; è una formazione triangolare – chitarra, basso e chitarra – che da del tu ad un rock contaminato dalle forme metedriniche dei seventies che dalla Detroit dei motori garage, leggermente ustionata dal grunge Seattleiano nonché tagliuzzata dai cocci di bottiglie scolate dal diabolico Iguana Iggy.
Con il vocalist che ricorda molto spesso il vezzo fonetico di un Alice Cooper ammansito (“Good morning”, “Viper”), il disco prende il suo giro e il suo istinto per portare in scena una quadratura sorprendentemente ottima nelle sue oscurità atmosferiche spennate da una chitarra shoegazer (“Future”), di totale piacere Bowieano d’antan il rifferama funkyes che fa saltare (“Eat me”) dopo il contrappunto di basso che anticipa i “dolci” miasmi garage’n’roll della bellissima e ancheggiante “Shine and love” , traccia con tutti crismi – svisi e full-jammin in coda – come nei finaloni live dei mitici Grand Funk Railroad. Edoardo Laino, Mattia Aldibek e Marco Ausonia, sono la forza motrice di una formazione schietta e capace, nulla a che vedere con quelle band col classico appeal da boys-next-door, men che meno con quegli astrattismi gotici mandati poi a lezione di lo-fi da nerd occhialuti e svampiti, loro incarnano quella parte di storia che non profumava d’essenze e borotalchi, ma che traeva forza e impatto dalla strada, dalle chiazze d’urina e vomito in cui Stooges, gli australiani The New Christ, Bad Brain e Radio Birdman si rotolavano per rivoluzionare il corso disilluso del rock’n’roll, e questo bel disco – dal sottobosco dell’alternative – da lezioni e “compiti in classe” a tutti.
Una volta lasciato il segno del loro passaggio sul lettore stereo la parentesi wave di “Colour of jealousy”, gli echi shafting di “Show me” e la cavalcata elettrica che agita “For you”, rimane la soddisfazione di aver assistito ad un piccolo “spettacolo virtuale”, un live immaginifico che “tra palco ed irrealtà” ci ha fatto conoscere “gente tosta che suona e canta tosto” e che, sotto il logo The Megs, ci ridanno la speranza che trovare ancora cose buone da far ingoiare allo stereo di casa è possibile. Eccome!
(Max Sannella)