La prima immagine è quella di un’onda, o di qualsiasi cosa che abbia forma sinusoidale. Perchè sale e scende Snodo, l’ultimo lavoro di Giorgio Barbarotta, il quarto da quando ha intrapreso il suo percorso da solista. Il ritmo altalenante appartiene al mood delle canzoni, alle loro intenzioni, al loro messaggio. Da una canzone all’altra, la ballata folk-rock lascia spazio al graffio del rock elettrico, la dichiarazione d’amore alla denuncia sociale. Il collante è quello di un cantautorato riflessivo, che pensa e fa pensare.
“Buone nuove” è un’inquadratura sul mondo in perenne equilibrio tra la pace e la guerra, con “Noi” invece lo sguardo si sposta sul lato ambientale e sul nostro rapporto con il pianeta. “L’alchimista” è metafora ed è canzone nella sua essenza, nella sua costruzione, “Riesci ad imbrogliare il tempo” è la prima dichiarazione romantica, il primo cambio intenso di virata, la prima ritirata di marea, che riesce a non stonare nel coro, prende il suo posto e sta bene lì. “Podere 41” è cattiva e arrabbiata, una denuncia dai toni aspri allo sfruttamento dei lavoratori nei campi del sud. “Dalla marea” è leggenda, “Sinfonia di maggio” è festa. “Il motore è l’amore” è il punto d’intensità più alto, emozionata poesia d’amore cullata da chitarre dal ritmo cadenzato e dal sapore gitano. C’è spazio per altri temi da riflessione, dall’imperialismo mediatico di “Mediacrazia”, alle condizioni della musica in “Galleggiando in provincia”, sino al metafisica “Che ne diresti”, in cui la riflessione abbandona argomenti terreni per farsi dialogo col divino.
L’andamento dell’onda è lo stesso anche nelle reazioni all’ascolto: il primo costruisce la premessa per la quale sai di trovarti di fronte ad un progetto decisamente interessante. Gli spunti musicali degli arrangiamenti, la cura nei particolari, e la dinamicità dell’intero album ne sono il punto più forte. A riportare indietro c’è forse qualche esperimento azzardato dalla parte dei testi, affrontati forse con meno cura della musica, per lasciare spazio all’impressione diretta, all’emotività del passionario più che alla razionalità del letterato. Una scelta coraggiosa che permette di apprezzare anche i suddetti cali di tono. E rende “Snodo” piacevole nei suoi flussi e nei suoi riflussi. Un disco da ascoltare più di una volta, che lascia spazio all’impressione del momento ad ogni ascolto, ma che sa farsi ascoltare. Qualunque sia la marea.
(Giampiero Troianiello)