Mettiamo sul piatto il primo album (omonimo) dei A Winged Victory For The Sullen, duo costituito dal compositore statunitense Dustin O’Halloran (Devics) e l’ingegnere del suono Adam Wiltze (Stars Of The Lid) e verrebbe voglia di recensire il disco semplicemente mostrando la copertina del lavoro e consigliandone l’ascolto su 33 giri. Una provocazione, si direbbe, ma restituisce la sintesi perfetta di un lavoro vivido, fuori dal tempo, intimamente romantico e di commovente bellezza.
Il disco rientra nel filone della musica così detta “neo-classica” ma qui la componente davvero determinante è la sensibilità dei due musicisti coinvolti (accompagnati da un ensemble cameristico d’eccezione che comprende Peter Broderick e Hildur Guðnadóttir), che danno forma ad una musica ambient di pura estasi attraverso l’utilizzo di una strumentazione prettamente classica. È musica delicata, destabilizzata solo in superficie da intuizioni “altre”: il dream pop di O’Halloran e il post-ambient di Wiltze evaporano nelle sette tracce orchestrali dell’album, ricadendo sull’ascoltatore sottoforma di ammiccamenti e sottotrame appena accennate. Difficile trovare una traccia “chiave”, si parte l’iniziale partitura armonica minimale di “We Played Some Open Chords and Rejoiced, For the Earth Had Circled the Sun Yet Another Year” passando per i due intensi “Requiem For The Static King” (il primo dedicato a Mark Linkous dei Sparklehorse), fino ad approdare alla brumosa “Steep Hills of Vicodin Tears” ed alla Rileyana “All Farewells Are Sudden” (“Minuet For A Cheap Piano” e “A Symphony Pathetique” sono due intermezzi nei quali i vuoti melodici contano più che i pieni).
Tra citazioni ambientali a là Eno, l’impressionismo musicale di Debussy, e certo romanticismo di Chopin, sentiamo di consigliare fortemente questo lavoro, ma mi raccomando, rigorosamente in vinile!
(Maurizio Narciso)