Per essersi dati un nome tanto pesante (il dio egiziano dei morti), gli Anubi giocano leggeri a suon di brit-rock e indie americano, paragonati già a una caterva di band diversissime tra loro: c’è stato chi ha parlato dei Blur e chi dei Foo Fighters, altri hanno tirato fuori i Franz Ferdinand e altri ancora i Ride, gli Oasis e gli Arctic Monkeys. Buon segno: significa che traggono ispirazione ma non somigliano.
Gli Anubi hanno già regalato due lavori godibilissimi in free dowload: nel 2010 l’album Epic fail (dopo l’esordio nel 2008 con Anubi), e quest’anno, per la mai troppo elogiata etichetta 42 records, Perdition is my queen (anche questo in free download, ndr), un ep dalla leggerezza esibita fin dalla traccia che lo apre, la trascinante “Capital city”, ennesima cronaca dello sbarco nella grande capitale, nella metropoli dove tutto è possibile (“I’m ready to be lost in the city”), e infatti chitarra e batteria si inseguono senza tregua in un garage-rock da (s)venatura blues. La seconda traccia, “I”, è un pezzo da tornarci sempre su e riascoltarlo da capo mentre si guida per qualunque meta e su qualunque autostrada, tanto è morbido e muscoloso al tempo stesso. Una morbida muscolosità che contraddistingue tutto l’ep, ma diventa diventa psichedelica in “Indian song” e si stempera nella finale “Late nite bar”, decisamente più easy listening ma inserita nella playlist del nuovo podcast di “365 Albums A Year”, di base a Montreal, e son soddisfazioni.
Il gioco del dio dei morti ci lascia così, con qualche inutile domanda dopo tanta piacevolezza: da che parte vogliono andare gli Anubi? Ma davvero prima di “Epic fail” volevano andare a X Factor e Enrico Ruggeri ha detto di no? Se è così, magari è stato un bene. Chissà che fine avrebbero fatto. Invece eccoli nella collana 24 della 42 records a conservare una raffinata semplicità che dell’autoironia fa il suo punto di forza: ascoltiamoceli e godiamoceli, e a chi somigliano o dove vogliono andare saranno pure affari loro.
(David Drago)