Attenziò, attenziò, signori della world trip-hop dub scienze, signori Thievery Corporation, La Funk Mob, Mudville, Telèpopmuzik, Bonobo e centinaia d’affini, state in allerta e guardatevi alle spalle, da Istanbul i Baba Zula avanzano a passi furtivi per inebriare l’Occidente con il loro porridge aromaticissimo e ibrido, un pot strabiliante d’elettronica, dub, Sufisterie, trip-hop e roots tradizionali Anatoliche che gira sotto il nome di Gecekondu, intenzionatissimo a spodestare il trono delle grandi “giocolerie neuronali”.
Dal 1996 affilano le armi della seduzione onirica e, una volta scoperti e portati in alto da Hacke degli Einsturzende Neubauten, il combo turco capitanato da Elena Hristova e Murat Ertel (entrambi voci) vola d’energia propria, autonomo e anarchico nelle sinuose e sensuali capovolte e sesti acuti che la loro musica disegna di trascendentali colori; il disco indaga a fondo sulle tradizioni della propria terra e le mescola in un turbinio di toni, melodie e timbriche, una “cassa armonica umana” che straccia confini e pareti, vola attraverso verbi e usanze donandogli il raro bene dell’ipnosi, che si fa collettiva una volta che il suo raggio d’azione raggiunge padiglioni auricolari molteplici.
Fanno parte di quella compagine rock turca insieme ai Selda, Mogollar e 3 Hur El, ma la cosa pare stare molto stretta, un dinamismo che soffre di movimento e libertà espressiva che solo le immense platee festivaliere e discografiche europee possono dilatare e sfoggiare come plus-valore, e i Baba Zula questo lo sanno bene, non si lasciano indietro nulla che possa “esportarli” oltre confine, e il loro sound intanto cova sotto sotto le ceneri il cluster di un vicinissimo exploit a tutto tondo.
Tutto quello che viene fuori delle undici tracce dell’album, tra le quali “Kelebkler Kuslar”, “Hope acis”, “Le furet dans le foret en feu”, il dub drogato di spezie (“Hayde hayde” e “Komsu”) fino alla strumentale botta in testa che infligge “Tempation” dove si può dire momentaneamente addio alla dimensione in cui si è, è un concentrato magique che orienta, disorienta, sballa, ammalia come un caleidoscopio impazzito da tanto sonante e scintillante delirio organizzato e allora non ci resta che “prendere il giro e andare a zonzo a cavallo dei nostri neuroni che già hanno sentore di baldoria sulla via d’Oriente”.
Baba Zula è l’esperienza che in molti si aspettavano, ovvero drogarsi “legalmente” e senza controindicazioni di sorta, e con i tempi che corrono è manna scesa da qualche cielo.
(Max Sannella)