È una delle poche band del circolo vizioso che odio da quanto amo; davanti hanno la faccia d’ingenua verginità underground, e dietro invece tirano fuori – disco su disco – uno strepitoso delirio espanso che gli dei della psichedelia, del rock’n’roll, blues, garage, soul e pop non finiranno mai di ringraziare questa band di Novellara – ero un cliente del Barrique delizioso ristorantino-birreria sotto i portici del centro – ovvero i Rufus Party, qui con il nuovo With Us, dodici modi di sentire musica che s’incaricano di tramandare – con precisione assoluta – le regole sregolate del rock e le sue derivazioni mai sotto il parallelo 60/70.
Devo dire in primis che rispetto le precedenti prove su disco, trovo questo lavoro “più posato”, inteso come a maturazione avvenuta – se mai ce ne fosse stato bisogno – e quello che rimane dopo un immediato e goloso ascolto è una festa animata da una travolgente, visionaria e filologicamente perfetta operazione “fedeltà” che ti fa amare questa band quasi come “oggetto sessuale che emette suono e bussi” di cui non puoi fare a meno. Da tre, ora allargata a cinque componenti, l’ossatura dei Rufus nel tempo si è fortificata di risultati eccellenti (tra i quali un tour negli Usa nel 2006) e le sollecitazioni e le spinte che vengono fuori dai loro album sono quelle di una qualcosa “di consumato”, di un’assoluta capacità di controllo e suggestione del suonato che si riscontra raramente se si fa un giro a largo raggio nei dintorni scapestrati “dell’emergenza”; un bell’archetipo di potenza di fuoco e armonie vocali sontuose, memorabili – indagando con la lingua di fuori tra le tracce – i sapori sudaticci degli Stones (“Panic in Gairo”, “In a little while”), la ballatona salubre degli spazi incontaminati di Young (“Hey master” ), un bel jumping maudit nel CBGB’s sulla Bowery St. (“Father’s song”, “Get out of my way”), gli impulsi pre-Motowns (“Death of an indie chick”) nei paraggi di Memphis (“You kinda lost me there”).
Quarantasette minuti e quarantaquattro secondi di high music spalmata su felici malizie ed interfacce con visioni autorali, suoni che sanguinano ricordi e bilanci ininterrottamente e che i Rufus Party moltiplicano all’infinito come una macchina ingegnosa nata e creata apposta per farci soffrire di piacere. È il nuovo album della band di Novellara che anche questa volta concretizza un sogno, o meglio, lo sublima nell’eccellenza. Da avere assolutamente.
(Max Sannella)
Max Sannella