In questa Estate che sembra sempre meno Estate (ormai vale il detto reinterpretato “Non ci sono più le stagioni di una volta”) con giorni in cui nuvole autunnali fanno già capolino in cielo anticipandosi di qualche mese non c’è niente di meglio che scavare in rete e trovare la band giusta che coniughi le fredde folate dark con la leggerezza di certo indie pop primaverile, giusto per rimanere in tema climatico.
Allora il caso (?) ha voluto che i Kindest Lines siano approdati nelle mie orecchie da qualche settimana e che, tra un ascolto di Skying degli Horrors ed un altro dei “nostri” (perchè italiani) be forest, sono riusciti a piazzarsi con tenacia tra i miei album preferiti in un periodo dell’anno nel quale certa musica oscuro/esistenzialista non dovrebbe essere ascoltare. E invece, complice il clima di cui sopra, l’album di debutto di questo trio residente in New Orleans ha fatto breccia nel mio iPod, e qui poi bisognerebbe aprire un’altra parentesi sulla collocazione geografica della band che sicuramente avrà influito nella scelta di melodie inclini, e incrinate, più vicine alle notti fumose e magiche, tipiche di quelle lande, piuttosto che al bisogno di riscaldarsi al sole mattutino. Sta di fatto che questo disco, Covered in dust, porta nel suo grembo una deliziosa covata di brani stuzzicanti, cui l’inizio fa ben sperare per la buona riuscita di questa opera prima; “Hazy Haze” e “Destructive Paths to Live Happily” si crogiolano nella disintegrante malinconia marchio di fabbrica della band di Robert Smith per poi rialzarsi e approdare, nelle composizioni successive, in una fumosa dark disco sulla quale pista da ballo è possibile scorgere, tra le ombre di chi balla, le sagome dei New Order (“Strange Birds”, “Color Treasured”) o le seducenti silouhette dei più recenti Ladytron (“Running Into Next Year”, “In Death Not to Part”). Quando invece rallentano il battito cardiaco (sono giovani ma devono pur allentare la presa ogni tanto) quello che esce fuori è quanto di più vicino ai loro coetanei imbronciati collocati a miglia di distanza, gli XX; Perchè certi sentimenti musicali non possono restare confinati dentro perimetri geografici specifici e “Dark Dream”, “No Perfect Focus” e “Record Party” ne sono un esempio lampante e altresì convincente.
I Kindest Lines giocano tristi, al limitare della stagione estiva, con i nostri cuori: Tu cerchi riparo nel caldo abbraccio del sole e loro invece, arrivata la sera, si aggrappano ai tuoi polsi trascinandoti fino in quei luoghi dell’animo umano, dai contorni sempre un po’ sbiaditi, dove pensavi di dover ritornare solamente ad autunno inoltrato. L’effetto che fa è straniante perchè la band in realtà vuole solo farti ballare senza pensare troppo al domani anche se “il futuro è reale e Noi desideriamo…” il resto di queste parole è contenuto nei tuoi più ardenti desideri.
(Antonio Capone)
“Baltimore”
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