Dal Kentucky degli anni zero, un giovanissimo folksinger che unisce due sali musicali, la tradizione soulful/gospel a rarissime stille di contemporaneità che solamente la Sub Pop ne coglie le fragranze senza tempo e ne gestisce la vasta diffusione; Daniel Martin Moore con “n The Cool Of The Day – atto terzo della sua fresca discografia – si presenta come un ragazzo “all’antica” nel senso che lui delle mode se ne sbatte vigorosamente, preferisce ripescare i vecchi sermoni musicali chiesastici, stanare le note delle alte quote Appalacchiane e respirare una spiritualità grassy, per cucirle poi in una mezz’oretta di gemme senza prezzo.
Le sue sono sfumature di malinconica solennità e piccoli appezzamenti di pace e tranquillità tipici di esseri umani che si riposano dopo il loro “on the road” intimo speso alla ricerca di qualcosa che giustifichi la “tanta” vitalità della vita, per chi e per cosa; alto, biondo e la tipica americanità di provincia di guardare con gli occhi arrossati le eccellenze e le catarsi delle evocazioni, Moore, qui accompagnato da Jim James dei My Morning Jacket, imbarca – come in un’Arca della Salvezza – banjo, chitarre, piano, contrabbassi, violoncelli, piatti e spazzole e parte in un’avventura che soddisferà fan e nuovi ascolti, cosa già sottoscritta nell’esordio con Stray Age del 2008.
Un disco che si differenzia dai due precedenti, Moore “escogita” una terza via dall’indie-folk basale per “sperimentare” il torch-song mimetico e profondo ed il risultato gira oliato quanto di categoria superiore; tra le tracce una collana di inni religiosi traditional e quattro espressioni di penna propria che danno quel sintomatico sollievo di estremo relax e di “operosa oziosaggine”; bello il sussurro al banjo di “All ye tenderhearted”, bianchissimi i 32 denti smaglianti del country sgambato (“Up above my head”), ottimo il vestito buono della domenica di gospel (“Close walk with thee”) e sdolcinato il tramonto duettato con la cantautrice Haley Bonar in “Set things aright”; ineccepibile sotto ogni angolatura lo si vuol prendere, l’album è una piccola miniera riaperta di pepite d’oro, già a partire da quel titolo “In the cool of the day”, emozionante omaggio voce e piano a “The Mother Of Folk” Jane Ritchie.
Il Moore del Kentucky degli anni zero era atteso in questo appuntamento per verificarne se la pressione espressiva era ancora intatta oppure scemata: diagnosi? Sano e tutto d’un pezzo, Alleluia brava gente.
(Max Sannella)