È relativamente vero. L’uomo tende all’equilibrio, ma per una più esauriente spiegazione a riguardo chiediamo ai Doc Brown e al loro ultimo lavoro per Kitchen Studio. Un’appropriata affermazione di esemplare rock italiano perfettamente condito con movimentate e spassose visioni funk che sono la cornice perfetta per i delicati contrappunti testuali di Alberto Bosisio. Attraverso undici brani eccoci qui a descrivere come, in realtà, sia assai difficile trovare e provare che l’equilibrio sia una condizione “umana” ed il termine “tendenza” rappresenta più di una mera spiegazione della questione.
Una ricerca continua che oltre che sperimentazione è anche un pozzo senza fondo per l’ispirazione e per la dimostrazione di attitudini talentuose per un genere musicale così inflazionato e concorrenzialmente non facile. Azzeccatissima la scelta del primo singolo “Il male del secolo” che è una scolastica riproposizione dei genuini caratteri nostrani della nostra musica e che segue uno dei brani più interessanti del disco, “Romantico astrofisico”, un vero e proprio campionario di suoni che ha il suo punto di forza nella grande fluidità e musicalità delle parole che da sole sono un vero e proprio “sei al superenalotto” per il gruppo lombardo. Le influenze internazionali non mancano e la base ritmica di “Dimmi” è così efficace da far quasi sperare che il brano evada i suoi tre minuti e trenta che sono un più che buon seguito per le evidenze quasi punk di “Salva me” compreso di esplicito tributo a La cura di Battiato. Più personali i successivi “Beautiful”, sorretto da un potente stomp elettricamente pulito, e “Occhi lucidi”, inizialmente soverchiante per durezza, si trasforma in un arioso arpeggio ambientale prima della psichedelica chiusura. La pausa, più che naturale dopo tanta energia sta nelle sintetiche, pure e fresche alitate di “Ossigeno” immediatamente percossa dalla ritmica semplice ma avvolgente di “Rebecca”, utile per capire quanto varie sono le tonalità nel repertorio del cantante che, attraverso una quiete non completamente priva di tensione si spande lungo un testo da incubo nel quale la bellezza conduce direttamente alla fine della vita, la propria. Sulla stessa linea viaggia l’episodio finale “Se fosse possibile” che è anche forse il meno ispirato di un lavoro piuttosto omogeneo e pressoché privo di punti deboli.
Elegante ed emozionalmente privo di falle, L’uomo tende all’equilibrio è un vizio per l’ascoltatore, è la fuga dal letto in piena notte per piantarsi di fronte ad un frigorifero pieno di ogni bene, luminoso, fresco sarcofago dei desideri. Una moltitudine di insaziabili ascoltatori che sorseggiano brani, parole e suoni con la velocità giusta di chi non lo fa per un impellente bisogno ma per un interminabile piacere. Questa è la strada verso il proprio equilibrio.
(Lorenzo Tagliaferri)