Nel panorama accomodante e, a dir la verità, poco estetizzante di questi periodi noiosi costipati per necessità da greatest hits da quattro baiocchi, può risultare esaltante e divertente sentire qualcosa che – fregandosene di stuzzicare nuove intelligenze e percentuali di novità – torna a piacevolizzare la capacità di far quadrare un certo tipo di musica senza banalità.
Inizia a spappolare il sistema nervoso sentire ancora nominare – quando si parla dei Cake – la cover I Will Survive della Gaynor che una volta rivisitata dalla band gli procacciò tonnellate di dollari, è una situazione saturante che copre la bella scrittura e il suono scoppiettante della formazione di Sacramento e finisce per ridicolizzare anche l’immaginazione concreta che MacCrea e Di Fiore – voce e tromba storici – hanno faticato ad impacchettare nel tempo per poi rilasciarla nella frizzante immediatezza del loro marchio. Showroom Of Compassion è il nuovissimo lavoro che festeggia il ventennale del gruppo, e quello che colpisce prima di tutto è la voglia di esorcizzare i tempi andando contro tempo, al contrario della moda, un disco filettato di undici tracce che volutamente non vogliono deragliare un millimetro fuori del suono “Cake”, pregno di tutte le memorabilie tex-mex, funk filosofico e ballate cicatrizzanti su ferite di Fleetwood Mac d’annata con spigolature Weezer, Calexico; rimane nel sottofondo dei suoni e delle virtuose prese di coscienza individuali quel macchiettato tappeto d’anarchia, di lasciare che tempi e riflessioni decidano da soli la loro velocità di mira e coagulazione, la loro sofferenza inevitabile che goccia lenta (“Got To Move”, “The Winter”), il senso distorto e intramontabile degli esordi country (“Bound Away”), fino a sculettare le nevrosi liberatorie di un funk luccicante al limite “Mustache Man (Wasted)”.
Un disco di sensazioni diverse, coinvolgente e ricco di sfumature briose che invece di tirare bilanci e somme seguita a roteare come se gli anni novanta non fossero mai passati, come se dischi come Fashion Nugget e Prolonging The Magic siano album ancora da ideare e riempire. La fede Cake è intoccabile, l’inserimento della cover “What’s Now Is Now” di Sinatra quasi un comandamento da rispettare e una certa eleganza formale un’esigenza da vecchi marpioni; chi conosce a menadito il loro passato dirà “siamo alle solite”, chi si accosta di primo pelo avrà una sorpresa pop cui innamorarsi lungamente.
(Max Sannella)