Quando lasciano la loro inconfondibile traccia nei live, non c’è nessuno che di Esterina non si innamori. La loro musica terragna, ruvida di dolcezza e graffiata di raffinatezza, è stretta tra la terra e il mare ma vasta come tutt’e due. Dopo un esordio stupefacente con la produzione di Guido Elmi (Di fero e di botte), e un unplugged di rara suggestione (Le indecorose) sono tornati con un nuovo disco di inediti e la produzione di Fabio Magistrali.
Come satura, echi montaliani nel titolo, traccia un solco ancora più profondo nella loro tradizione e nella loro originalità: nonostante non ce ne fosse bisogno, la band di Massarosa compie un altro felino balzo in avanti e la voce di Fabio Angeli graffia più a sangue. É un album denso e intenso, che affronta il dolore e lo sfalda, anche in gioia, come solo gli Esterina riescono a fare: la loro cultura dell’accoglienza la si ascolta ad ogni nota. Accoglienza che restituisce le storie che osservano, ricordano, propongono. Storie minime (come la donna a cui rubano il nome), e quindi massime come il sole e la pioggia. I testi sembrano partoriti da una donna: vengono bellissimi alla luce come dopo un lungo travaglio, sanno di legno di barca, di vino, di salmastro e di terra bagnata: “Hai saputo e lo sai prender tutto il freddo dai sassi/ hai saputo e lo sai stringere tra i denti la brace / hai voluto e lo vuoi strangolare a ghiande i maiali / hai saputo e le sai, libere le mani”, è la canzone che apre l’album, “La tua voce”. E dal punto di partenza a quello di arrivo (la splendida “Salutarti”) non c’è un attimo di calo né di tregua: si passa da “Un amore eterno” e “Oceano”, dove si canta come si deve l’amore (“Che bella mattina/apro gli occhi e sei qui accanto/ per distrarmi penso/magari bruciano il salotto…), si attraversa il 1944 (“12 agosto”) e si annega nel sangue dell’eccidio nazista di Sant’Anna di Stazzema, poi si scivola ne “Il vuoto intorno”, ci si blocca ad ascoltare “L’attesa” (“Di mi’ madre porto ossa/ di mi’ padre le ginocchia /dei miei figli so il dolore / di ogni uomo il loro avere”) ed è come restare ore sotto il sole. Non è facile, e la protezione ci vuole: è quella della predisposizione al buon ascolto, dell’educazione alla bella musica, quella vera. Su disco e dal vivo l’affiatamento e la bravura degli Esterina sono tali che la musica resta sempre tesa, basso e batteria a batterti dentro come cuori all’unisono, la chitarra a penetrarti il cervello, il flauto la fisarmonica il clarinetto il piano rhodes a carezzarti lo stomaco. E su tutto la voce, inconfondibile, a darti il colpo di grazia, e ne vorresti un altro.
(David Drago)