Sull’onda dell’espansione elettronica all’interno della musica contemporanea in tutti i suoi generi, contaminazioni elettroniche danno vita a Medicine Babies, album dei No Surrender pubblicato da Zerokilled Records, con la produzione e composizione da parte di Radioclit (Santigold, M.I.A The Very Best), in collaborazione con Costanza Francavilla.
I componenti dei No Surrender, Seraphim, Steeples e Gnomad, si sono riuniti per la prima volta durante gli anni ’90 per organizzare i famosi “Revenge of The Muse” parties in club di New York come Brownies, CBGB’s Gallery e Baby Jupiter, prima della stretta imposta da Rudolf Guiliani. Dopo il debutto con l’autoproduzione White Power Black Magic del 2003, i No Surrender tornano con Medicine Babies, dando vita ad un album complesso e variegato, difficile da classificare in un genere.
Nove tracce racchiudono e suonano dal synth-pop al soul, dall’elettronica con cenni di dubstep fino all’indie-rock su basi dance. Grande pregio dell’album è proprio la non classificazione all’interno di schemi o parametri musicali. Ci sono quindi brani sia da club che da ascolto, come da strada o da macchina. Tutto però rimane coeso e non ci sono rotture tra un pezzo e l’altro.
“Godda get it” ti fa battere i piedi perfino in una rovente domenica di metà luglio. È inutile cercare di spegnere le casse, metterti le cuffie, ascoltarlo in motorino o mentre scoli la pasta. Ti agiti e ti muovi come se ascoltassi la nuova Hit del momento senza poterci fare nulla. “Godda get it”, “Falling into you”, “Young world” sono le tracce più danzerecce, quelle che ti entrano in testa e danno a ciò che fino ad ora c’è stato, nella scena newyorkese e non solo, una sarcastica pacca sulla spalla.
Da “Silver Hall” in poi il tono è meno urlato, più pulito, tanti suoni scompaiono ed i cori aiutati da un beat ripetitivo creano un’armonia monotona che aiuta l’ascoltatore a farsi un’idea di cosa stia ascoltando. Nel bene o nel male si tratta di New York babies, e questa qui è la tua Medicina.
(Emanuela Marchetti)