Disco schietto, senza peli sulla lingua e molti nello stomaco; Nostalgina, stupendo esordio del cantautore torinese Bianco, Alberto Bianco all’anagrafe, è un’operazione che porta direttamente alla definizione finale di capolavoro, sì capolavoro senza riappacificazione con l’aria liberata dalle tensioni arruffate che combattono tra le tracce, ma capolavoro in primis per lui, l’autore che ha un messaggio forte, ma soprattutto un personalissimo e profondissimo modo di inseguirlo. Prodotto da AntiAnti , aka Dade dei Linea 77 presente anche con amici alla stesura, Nostalgina è un’onda intima e consapevole sulle mancanze e le scordature della società attuale, tutto il grigio e il puzzo che ci circonda anima & core pregno di tutte le sfumature del talento senza compromessi, integro nel graffio e nella simpatia.
Moltheniane nelle recondite viscere, le tredici tracce iniettano veleni e atmosfere sensuali, scossoni e culle di piacere, un andamento totale percussivo che dà all’ascolto il senso serrato di un morso, di un non sciupare nulla al vento e di concretare risvegli e intorpidimenti; tutto nella semplicità di una chitarra acustica, un basso, un computerino e un mazzo d’amici che intervengono ad “illustrare” ancor nel profondo questo buon corollario di canzoni. Un autore sorprendentemente maturo per essere allo start di partenza nel mondo delle note, esplorante l’inquieto e brioso estetismo del linguaggio moderno, bilanciandolo simultaneamente tra quadrature Gazzèiane e la credibilità coinvolgente di chi la sa lunga e di traverso nei giochi agrodolci del sistema pop serio, scanzonato e narrativo.
Dietro una solitudine apparente, il disco si scioglie in ballate intense piene di spifferi “Splendidi”, stop & go di chitarra galoppanti e suonetti minimalisti (“Bum”) introducono l’atmosfera afosa e oniricamente rimembrante di “Agosto”, regno di giri e arpeggi, accordi aperti e un’ottenebrata slide che slingua oziosa, più in la dolcissima cantilena svagata di “Mela”, sotto il tocco arpeggiato e nebbioso di “Cosa va di moda oggi”, un probabile hit stereo sincopato ma dritto per orecchie svezzate “Pochissimo” e uno strepitoso finale degno di una profonda Alabama nostrana (“Blu”) un delirio libero e bello di voce, slabbrature di testa e slide a mò di dobro che non poteva sicuramente mancare come “fibbia d’autore” per chiudere le serrande a questo disco numero zero di Bianco.
Ma le mie – per molti – potrebbero essere solamente chiacchiere, e allora è davvero necessario ascoltare per rendersi conto che il mio entusiasmo in fondo è pura realtà e che frenare l’eccitazione davanti ad un concentrato di intuizioni fighe è roba da imbecilli stonati.
Bianco è un bel colore per cominciare a rintonacare l’underground di fronte.
(Max Sannella)