Le capacità di un gruppo come i Montezuma sono immediatamente visibili e ben raccolte negl’oltre dodici minuti di “L’alba di Marrakech”, dove, nel silenzio della parte vocale (vero e proprio segno distintivo del gruppo) si contemplano e si palesano i caratteri principali che definiscono questo progetto al limite tra la pura psichedelia ed un più aggiornato (e a tratti sognante) stoner-rock da deserto. Trovando collocazione tra le rive del grunge e del post-rock, i nostri, potrebbero tranquillamente fregiarsi di una più lunga serie di marchi che comunque non muove molto lontano da quelli che sono i “sub-prodotti” del buon vecchio punk.
Nati nel 2005 in quel di Pesaro, il gruppo originariamente formato da Lorenzo Guccini (chitarra), Alessandro Albergamo (basso) e Andrea Panicali (batteria), si è ulteriormente arricchito del talentuoso sostegno di Carlo Uguccioni (chitarra), inevitabile “arnese” per fornire più ampio respiro agl’ambiziosi propositi di questo Di nuovo lontano. Brani mediamente lunghi (come già evidenziato per l’ouverture) che non scendono mai sotto i quattro minuti e cinquanta secondi, come nel caso della veloce e dinamica “Supernova” e che, più che chiarire il punto d’ispirazione dell’ensemble, riescono a confondere facilmente le idee dell’ascoltatore che può chiamare in suo soccorso, nel non facile compito di ascoltare e “digerire” questo lavoro, le reminiscenze di sonorità nineties a loro volta figlie delle depurate sonorità londinesi di fine settanta, magistralmente riproposte nelle pieces “Quattro” e “Lenta in D”, scolastiche rivisitazioni del primissimo post-rock ormai lontano decenni dall’ubriacatura alternative dei giorni nostri. Disco da sottofondo musicale, Di nuovo lontano, si chiude assai felicemente con “Il Codice Dresda”, giusto un gradino sotto i toni-vessillo de “La foresta imbalsamata” e “La congiura delle polveri”. Roboante rivincita della fine ingloriosa di un mondo fracassone e violento che troppo silenziosamente si è spento anni orsono, i Montezuma calpestano un terreno assai fertile nutrito dalle ceneri di chi li ha preceduti, leggeri e attenti a non soffocare le orme già lasciate, ne imprimono di nuove in strettissimi spazi vergini che altri hanno paura di attraversare. Coraggio e talento!
(Lorenzo Tagliaferri)