Esiste una storia underground del “chi più ne ha più ne suoni” che le alt-label MiaCameretta/Youth Tramp mettono in pista a partire da questi frangenti; una storia parallela a quella ufficiale del pop e del rock che continua, nonostante tutto e tutti: Panda Kid meet No Monster Club è l’incrocio ideale tra un circolo freak in pattugliamento sulle bianche spiagge californiane ai tempi Wilsoniani del “famolo strano ma famolo surfing” e un misto ghigno punk che fa adorabili molestie noise su base proto-Costello e sguaiate non sinfonie del giro di Dee Dee Ramone.
Panda Kid, prodotto nostrano, artista picaresco e stropicciato sulle strade dell’lo-fi indie isoscele qui al primo lavoro e i No Monster Club, irlandese combo al comando di Bobby Aherne, sganassato e gassato tripudio di free-thing, e loro già al terzo disco, appaiono subito due canagliesche realtà che convivono in questo ottimo split come dentro un’ipotetica espansione “sotto effetto” di un concerto freak lungo le valley del 1973, dove anche un buon pizzico di psichedelia – di quella invalidante neuronicamente parlando – spande i suoi effetti a manca e dritta.
Arrivano da due poli opposti, i nostri caciaroni eroi, ma si incontrano nella meglio ipotesi sonora che ci si potesse aspettare, attori riverberati, iperattivi, crepitanti e fuori delle regole, uniscono i rispettivi assalti sonici in otto elementi dentro un Grande Circus Barnum fatto di batterie minimali, cori sdruciti e alcoolici, flanger a manetta, vaffanculi trattenuti di malavoglia e sanissime “insane” di chitarrine tamarre nell’elettricità e sborone nella bassa fedeltà che paiono incise dentro la cameretta di casa, tra un compito scolastico svogliato e una “fumata” sdegnata scoperta dalla vecchia zia; un folle ed entusiasta giro di “rumoristica organizzata” che fa ben sperare in qualcosa di ancor più bollente nel tiro di schioppo di un futuro prossimo.
Il registrato vive anche di quella benedetta “linea scordata e sbilenca” che rende un disco originalissimo e vero, fiero delle non limature metallizzate della produzione seriale e dentro la passione self-made di dare al pubblico qualcosa di naif e spontaneo, sincero e grezzo come un diamantino ancora da prezzare; sfondato il muro elettro-noise cadenzato di “Junkie girl”, tutti in pista a ballare il surf con “How to have fun” cori e coretti teen a profusione, a perdersi tra l’armonica ubriaca di “Wasted youth”, scapigliarsi vorticosamente sullo shake di “Kill all creeps” o stordirsi con le corde elettriche lancinantemente noise che grattano “Long long summer”.
La via migliore per gustarsi in un sol boccone quest’ottimo Split insperato? Una volta inserito nella bocca stereo, proiettarlo in alto con la tacca del loud al settimo cielo e lasciarsi dinoccolare dalla sua vitale energia “primitiva e originalissima” senza opporre resistenza alcuna, ci penserà il rock dai ritmi sgangherati di “Guys I think I found my brain”, “Confidence” e “Flying colours redux” a farvi ricordare che siete impossessati da una reale forza “dal basso” e che vi farà urlare “Really, really cool”.
Panda Kid, una bomba innescata!
(Max Sannella)