Tommaso c’è riuscito, con garbo e personalità, c’è riuscito: mai cupo, sognatore e imprevedibile quanto basta, ottimo utilizzatore di filtri e aggeggi vari che modificano l’umore di un suono o di una sequenza di note (melodia?). Siamo nel mondo dell’elettronica homemade (significa qualcosa… ne sono certo), il Jazz e un forse progressive, cioè quando cerchi cerchi ma un quattro quarti regolare neanche col lumicino; ma è bello così, con le percussioni che sfasano e incrociano per strada pianoforti e violoncelli (veri?), xilofoni e marimbe, mescole difficili ma intriganti da approfondire. Pazzarello questo Tomme, o Tommaso Rosati se volete, se vorrà; una sinfonia pronta per pupazzi animati, scheletrini alla Tim Burton che si muovono scattosi senza luogo e tempo, che forse accadrà. Io intanto ascolto e riascolto “Morse code (trilogia di una quadrilogia)” per stare sull’attenti, pronto al cambio verso l’ignoto della seconda parte. Ulteriore talento autoprodotto scoppiettante di idee, da Prato, chissà se diretto da qualche parte, sincopato musicista, rumorista ed equilibrista di pentagrammi saltellanti, batterista sciolto senza tempo (accadrà?). Intanto ascolto e riascolto “Siedi” tentando di capire chi è che morsica la mela.
(Gabriele Gismondi)