L’intro di “Bluette” è un buon odore di sonorità interessanti. I Mai personal mood si presentano così. Un piano elettrico per la melodia, una chitarra dal sapore grunge per l’accompagnamento. Quando il pezzo entra nel vivo della sua sonorità, le aspettative sembrano essere confermate. Il primo pezzo di L’Heure dePart, lavoro d’esordio discografico (prodotto dalla fiorentina FOREARS) del gruppo pugliese, nato nel 2007, è un’ottima scelta per il difficile ruolo del “biglietto da visita” di un ep di 5 pezzi. La voce ricorda quella più affermata dei pur giovani La fame di Camilla (pugliesi anche loro), così come il modo di interpretare la canzone.
Un rock pop molto melodico, con accenni abbastanza evidenti all’elettronica e alle sonorità anni ’80. Le sonorità elettroniche continuano a sviluppare percorsi, nella tecnologica “Corso Trieste”, ballata negli intenti, innovativa nel “packaging” e in alcune parti del testo (l’iphone del ritornello sembra stampare un inno d’amore delle nuove generazioni). “Barocco” è la prova che i ragazzi quando suonano ci sanno fare davvero, gli arpeggi di chitarra elettrica si incastrano ai suoni sintetizzati in una scala di toni accesi, colorati, primaverili, che ricordano un pò le sperimentazioni reagge degli Otto Ohm di “Pseudostereo”. “Contract Art” è sicuramente il brano “top play” del disco: il suono elettronico sale ancora di più, raggiunge quasi dei toni decisi, e decise si fanno, forse per la prima volta, anche le liriche, più attente ai particolari e meno disposte a scendere a compromessi più o meno scontati dei brani precedenti. La chiusura del disco è affidata a “Valigie aperte” e allo stesso piano elettrico che apre il disco. L’organo e la batteria sono cuciti perfettamente per il mood da ballata post-rock, rispettato dalle chitarra che aprono il ritornello e da un cantato che, ancora una volta, rappresenta potenziale non espresso al meglio (eventuale “riscatto” circa l’età del gruppo e la mancanza di maturità). L’attacco dissonante dello strumentale che chiude il pezzo e il disco, conferma la tesi: i Mai personal mood sono dei musicisti davvero interessanti, riuscendo ad essere interessanti nelle sfumature di “colori pastello” che andrebbero bene già da sole e che riescono decisamente a fare “un salto” dalla parte della musica ben fatta. Come già intuibile in precedenza, ai testi il merito di esser semplici e di contenere spunti poetici interessanti e il “limite” dell’esserlo troppo in alcuni punti. In bocca al lupo ragazzi, c’è tempo per stupire.
(Giampiero Troianiello)