Il volto del canguro dei Polyclinics è un esordio raffinato e potente. Attraverso dieci brani di grande presa si riesce ad ascoltare la commistione assai felice tra una matura e ben dosata violenza sonora e la candida fantasia di un bambino. L’intro di “Blues Busters”, con un estratto da un noto film di animazione, prima della pioggia di chitarre è uno dei momenti più divertenti e attraenti del disco.
Ma ridurre il tutto all’episodio potrebbe rivelarsi sbagliato per chi vuole avere una visone chiara dell’impegno di Fabio Gallato (chitarra, voce), Alberto Pileri (chitarra, cori), Carlo Belloni (tastiere, elettronica), Elia Pileri (basso, cori) e Johwanny Johns (batteria, cori). Cinque individui un solo intento, spostare la lancetta del movimento tellurico sul dieci punto zero di magnitudo, attraverso un mix invidiabile di tappeti elettrici puramente post-rock o punk o una commistione tra i due generi e una versatilità unica nell’urlare ogni singola parola di ogni singolo verso di ogni singola canzone. Disagi psichici, colonscopie, lavoro interinale, calciomercato e tanto altro. Il volto del canguro è innanzitutto un disco “sociale” che si apre come fosse un rave, con le sfumature quasi trance di “Quellochevienequellocheè” che ben contrasta con l’iniziale quietezza della successiva “Quella”, un episodio poco sotto la media se si presta l’orecchio a “Ponti a idrogeno” vero e proprio vessillo e brano da medaglia d’oro pieno di sostanza e limpido nonostante una tangibile potenza sonora. La lunga intro strumentale di “Scisma” riesce a fornire spiegazioni sul senso prog del disco e mostra quanto questo percorso si addica al quintetto padovano che conferma tutto nelle prove immediatamente seguenti, “Piove” e “Formiche”, con la prima più improntata ad un rock classico. A chiudere il discorso sono da apprezzare i delicati giri di piano di “Electribe” più ancora del tributo finale ai CCCP con “Curami”.
Nati sporchi da dentro un buco e cresciuti ancor più logori e duri di una crisalide i Polyclinics stanno per subire le classiche ferite dolorose di chi, dalla propria schiena, vede spuntare ali dei farfalla, con inaudita cattiveria e senso della delicatezza hanno trovato un modo unico per farsi notare che prende in esame la lezione del prog e si copre della violenza punk, una formula che ha funzionato in più di un caso e che promette di funzionare benissimo anche in questo. Con il tempo dalla loro parte possono renderci ancor più felici con cose davvero importanti e di peso.
(Lorenzo Tagliaferri)
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