So, anzi sappiamo tutti perfettamente che in Italia, nonostante la pochezza dell’ascoltatore medio, ci sono tante piccole band di talento. Nonostante ciò è facile farsi prendere dallo sconforto, magari se perdi un’ora della tua vita a guardare uno scempio come Top Of The Pops (lo dico perché l’ho fatto ed è un’esperienza che mi ha profondamente segnato), e quindi ogni tanto c’è bisogno di imbattersi in una band che consolidi la tua convinzione che in Italia non esistono solo i Modà e Fabri Fibra. E grazie a Dio, il mio (per il momento) ultimo disco da recensire per Shiver, è questo Jarman – The Saints EP dei Jarman – The Saints EP.
Provenienza: Roma. Numero tracce: 4. Durata: 18 minuti circa. Genere: ehm… ehm… vediamo… dunque… ehm… si potrebbe dire…eeehm… Ecco, lo sapevo che non ci sarei riuscito, è impossibile racchiudere in una sola definizione il sound di questa fantastico gruppo. Ho volutamente elencato sinteticamente gli aspetti principali del disco, affinchè da adesso in poi mi possa solo concentrare a lodare incondizionatamente i Jarman, senza preoccuparmi di fornire ulteriori caratteristiche di questo magnifico EP. In pratica prima il dovere e poi il piacere. La band romana riesce incredibilmente a mettere a fuoco un ventaglio di influenze vastissimo, adagiandole su una solida base post-rock, sensazione rafforzata dal fatto che non ci sia una parte cantata; poco male, visto che il grande dinamismo dei nostri ve ne farà rendere conto solo al secondo o terzo ascolto, e soprattutto non ve ne farà sentire assolutamente la mancanza, fidatevi. Quattro canzoni splendide, ricche di riff che farebbero la fortuna delle tante indie band in cerca d’identità, un songwriting vario ma mai dispersivo, che si permettono di passare dal post-rock al pop in una frazione di secondo, facendoti letteralmente volare via questi pochi minuti, lasciandoti con la voglia di premere play ancora ed ancora. Come se la band fosse un filtro naturale, attraverso il quale passassero tutte le loro molteplici influenze, al fine di sintetizzare e compattare il tutto in questo miracoloso Ep, dove (ripeto) il post va a braccetto con il pop, il math-rock e la psichedelia si fondono con l’indie, e tutto viene eseguito con la naturalezza disarmante dei grandi. Su tutte “Bioluminescense Of The Deep Sea Creatures”, la terza traccia, uno di quei brani di cui innamorarsi perdutamente, emozionante e stupefacente come la vista di un paesaggio islandese, dove gli scorci più dispararti convivono in un’irriproducibile armonia.
Prego che Dio, l’universo, Greenpeace, il WWF, le associazioni umanitarie proteggano questa fantastica band, se emergessero molte più realtà come queste l’Italia sarebbe un posto migliore. Fate vostro questo disco, raccomandatelo agli amici, è l’ultimo consiglio che vi elargisco, starò lontano per un po’ da Shiver, e anche se la cosa mi rattrista un po’, so che non potevo scegliere disco di commiato migliore. Bye.
(Andrea Gnani)