E alla fine che rock sia. Non tutti i cannoni delle retrovie infiammabili dell’emergenza rock si sono zittiti; sebbene file sharing illegali e downloading gratuiti abbiano seccato le corde elettriche di chi nel rock aveva ancora velleità e voglie di svenarci dentro amori e problematiche, gli spasmi sonici di una giovane band made in Napoli riportano l’attenzione alta e vigile con un disco “spaccaradio” di quelle alternative, apertamente dedicato ai suoi dolori urbani, trasgressivo nei bruciori e dolce nelle carezze, un menù elettrico spalmato in cinque tracce che oltre dar filo da torcere regalano enfasi a denti stretti.
Love Revolution è l’album dei Nouer, ed è subito un’autentico gioco a tutto campo di feeling pop-rock che nel giro di pochi minuti ti mette a suo agio, non ti cambia e sconvolge la prospettiva d’ascolto ma, alla sua maniera, detta le sue leggi d’ascolto e mantiene vivo il fuoco sensuale ed ispirato di una musica sempre sul chi va la, coinvolgente, carnale nei fatti e per nulla platonica nelle intenzioni. Cinque tracce che raggiungono subito l’apice di una passione genuina e semplice nel materializzare in suono quello che ingombra nella testa, di tradurre in scossa quello che la mente disegna, sempre alla sua maniera, sempre in quell’enfasi miracolosamente in equilibrio nel pop-rock (“Pic nic”) come nell’epicità formato ballatona amperica (“Ogni giorno”), stiloso nel becchettamento esplosivo metal (“Cinici e passivi”) come dilatata a riempire uno spazio gassoso che si allarga, allarga e allarga fino a concrentricarsi in un ipnotismo oscuro (“Love revolution”); Nouer non è una band come tante altre che fanno ritmo con la scaltrezza rabbiosa rovesciata in un disco che nasce già vecchio, o che, nella migliore delle ipotesi suona svogliato addirittura – sbilanciandoci più in la – piena d’ammiccamenti coolyes per sopperire con la caciara quello che la creatività non dona, ma una vera forza centripeta limpida e di rumore bianco, esattamente a metà tra le alte visioni di Bellamy e la micidiale forma ustionante dei Mistonocivo, il tutto coniugato in purezza.
Credo fermamente che i nostri napoletani siano tutto meno che una meteora in transito, piuttosto una formazione della quale non ce ne libereremo tanto facilmente, del resto il loro manifesto “programmatico” a trentadue denti scorre chiaro e limpido nell’apertura d’album (“Arriva la fine”) e, come si dice in questi caldi casi, a buon intenditor…!
Vi piacciono i dischi diretti e senza peli sulla lingua? Accatatevillo.
(Max Sannella)