Anche la Gioventù Sonica invecchia. Probabilmente arriverà anche per i coniugi Moore, il giorno in cui, ormai pensionati e appagati, si ritroveranno seduti sulla veranda della loro casa di campagna ad ascoltare alla radio (una versione futuristica della radio, certo) la top 20 del 2030 e sussulteranno ed esclameranno “Oh, mio Dio: questa non è musica, è rumore” proprio come i pensionati di 20 anni fa avranno esclamato ascoltando “Kool Thing”. Difficile riuscire a sostenere il peso di un nome come Sonic Youth quando le ossa cominciano a scricchiolare.
A questo deve aver pensato Thurston Moore (classe 1958), magari davanti allo specchio (come nel video di “The Empty Page”, da Murray Street, 2002) fissandosi le rughe, quando ha deciso di scrivere il suo disco più personale e intimo. Questo Demolished Thoughts prosegue ed accentua il percorso iniziato 4 anni fa con Trees Outside The Academy. È un disco di “rock acustico”, potente e delicato allo stesso tempo, realizzato “with a little help from his friends”: Beck Hansen, alla produzione (fra l’altro anche lui citato goliardicamente nel video di “The Empy Page), e alcuni turnisti del disco solista precedente fra cui la bravissima violinista Samara Lubelski (ricordate “Frozen Gtr”?). Ed è il violino parte integrante di questo lavoro, il flauto magico che viene seguito a ruota da tutti gli altri strumenti: la chitarra irrequieta di Thurston, l’arpa spettrale di Mary Lattimore e i synth suonati dallo stesso Beck.
Non il solito disco acustico cullante di un ipotetico artista che brama un “ritorno all’essenzialità” (come fece Beck con il suo “Sea Change”) bensì un disco ricco di suoni, pieno, giocato su una stereofonia da “horror vacui” che ingozza di musica le orecchie. Insomma, dalla tenera nenia d’amore “Circulation” al duetto “Blood Never Lies” (mai titolo fu più adatto per descrivere un disco) passando per lo space-rock unplugged di “Space”, la matrice sonicyouthiana si sente eccome. Solo 9 brani, tutti molto simili, un’unica storia che si dipana con una delicatezza diretta che non ha paura di cingere l’ascoltatore a piene mani: non lievi carezze, ma un abbraccio robusto, forte, protettivo e debilitante a un tempo, che non ti molla più. Così tanta bellezza cristallina il “vecchio” Thurston non l’aveva mai messa assieme. Starà pure invecchiando ma ha ancora il sangue fresco e solo lui, a 52 anni suonati, poteva fare un disco che pecca d’omogeneità come se fosse un debuttante 25enne.
Sia che non li abbiate mai sentiti nominare prima (purtroppo, lo spazio è troppo poco per parlare di una cosa così immensa e in fondo wikipedia dista da qui solo un paio di clic) sia che seguivate i Sonic Youth dal loro primo schiamazzante omonimo ep del 1982, questo disco vi stregherà, vi incollerà le cuffie alle orecchie con cui inocularvi, tipo flebo, un tenero miele che scende fino al cuore. Sonic Adulthood, altroché.
(Francesco De Paoli)