>Immaginarsi in un luogo lontano, l’isola deserta dei momenti confusi o la nostra baita segreta su una montagna solitaria con intorno i portali delle nostre dimensioni parallele, degli universi alternativi che dovremmo trovare il coraggio di vivere. 7 Fingers è quel momento. Il momento di stasi, prima della scelta, quello che sembra durare un’eternità e invece è solo una manciata di secondi, prima di passare dall’altra parte.
La cooperazione di Nils Frahm con la violoncellista Anne Muller, collaboratrice del Wolf-Ferrari-Ensemble, sforna un risultato inaspettato nel territorio, ormai sempre più calpestato, della musica classica che guarda con riconoscenza all’elettronica. Il sapiente genio creativo dei due artisti dà vita a una combinazione perfetta tra i due generi, in grado di toccare le cime più alte delle avanguardie e le sperimentazioni che ammiccano a Brian Eno. Le nove tracce del nuovo album si rincorrono in un continuum di unicità e calibratezza: in apertura “Teeth”, in grado di rendere indistinguibile il suono dall’aria, ci presenta il violino dell’ispirata Anne Muller e ci introduce sottilmente alla robustezza della title track, che apre le danze all’intero 7 Fingers. Passando per il loop di “Let my key be c”, si è tele-trasportati alla toccante “Because this must be/Augmentation”, che rappresenta uno dei momenti più alti dell’album, in cui il piano di Frahm e il violino della Muller si fondono per accompagnare le parole dei protagonisti di un non identificato film italiano. Infine, la splendida, ossessiva e liberatoria “Long Enough” in chiusura, ci lascia con la voce di Frahm, che a tratti emana l’essenza di Thom Yorke, nonostante le qualità del pianista tedesco sembrino essere di gran lunga superiori.
Nel complesso 7 Fingers è un ottimo album, che riesce sapientemente a congiungere le dimensioni del classico, dell’elettronica e della sperimentazione, grazie alla collaborazione dei due artisti, i cui frutti potrebbero davvero portare a scegliere gli universi alternativi che sono intorno a noi e a viverli.
(Simona Cannì)