Poliedrico. Uno dei primi aggettivi che, anche solo al primo ascolto, si associa in maniera naturale a La foce del ladrone e, subito dopo, per il naturale rapporto causa-effetto a Fabio Zuffanti. Del resto, basta sbirciare nella sua biografia per intuire la suddetta proprietà, presumibilmente intrinseca nel quarantatrenne genovese: in quasi vent’anni di attività, nove gruppi e un progetto solista dal 2007, quello che porta il suo nome, quello da cui nasce questo lavoro che si fa fatica ad immaginare di sole otto tracce.
Che il basso sia da sempre il suo migliore amico lo si intuisce eccome: il “suo” strumento ha il compito di tracciare un percorso regolare ad un disco che si muove con leggiadria su vari generi tra i vari pezzi e nei pezzi stessi. Difficile prescindere da un certo tipo di cantautorato nell’ascolto di un disco che ha tutta l’aria di essere il più “maturo” della sua produzione: difficile non scorgerci il paesaggio degli archi e la metrica irregolare tanto cari a Battiato, o l’eleganza nell’uso di sonorità atipiche al genere, prese in prestito con accuratezza, che rimandano al Battisti degli ultimi lavori (“In cantina” sembra essere uscita da “Hegel”, dissonanze strumentali e falsetto compresi). La ricetta, sicuramente funzionale, è portata avanti con sapienza da Zuffanti per l’intero disco, un’amalgama nella quale si riesce a mescolare la romantica “Se c’è lei”, la visionaria e critica “Musica strana” (“con i tempi che corrono, se non sei su Mtv, cosa credi di fare?”), l’intimista “Capo nord”. I legami col passato non sono rescissi del tutto, la traccia che apre l’album ricorda molto il mood di Fabio Zuffanti (2009) molto più incline alla scia Alternativa Rock italiana nella sua frangia attenta alla ricercatezza dei suoni (leggasi Bluvertigo o Roberto Angelini), così come quella che lo chiude. I testi, scarni e diretti, raccontano storie quotidiane, esperienze in prima persona, pensieri da “fissare al muro” per avere sempre a portata di sguardo e una spiegazione da segnalare: “Sai perché abbiamo il cuore a sinistra e non al centro? Perché quando abbracciamo chi amiamo, il battito del loro cuore, riempie il nostro lato vuoto”. Semplice, quasi elementare, puro, pieno. E poliedrico, se ancora non aveste capito.
(Giampiero Jum Troianiello)