Il progetto Esmen prende vita a Genova nel 2007, dalla fervida mente di Fabrizio Gelli, che da solista auto-produce dei brani destinati ad essere l’embrione del gruppo. Tutto è bene quel che finisce rappresenta la summa dell’esperienza maturata nel corso degli anni, esperienza contaminata dall’indie rock più italofono, influenzato da Moltheni, Benvegnù e compagnia (è davvero il caso di dirlo) cantante. Il risultato sono le nove tracce di questo album, nove tracce dilatate, malinconiche, arricchite spesso da suggestioni elettroniche anglosassoni, come nel caso di “Lou”, il primo singolo, che chiaramente passa per una fase Baustelle nei testi ed una fase Kaiser Chiefs nella struttura musicale. I testi, in italiano, sono solidi e concreti, riguardanti storie “ordinarie” impreziosite dalla delicatezza della penna di Gelli. Sinceramente trovo fuori luogo il paragone con Radiohead e Sigur Rós fatto da uno dei siti più importanti del web musicale italiano, non fosse altro che nelle note degli Esmen, come si ascolta in “Justice” c’è un grado di personalizzazione e padronanza del genere che non può scaturire dal semplice ascolto paragonato. In definitiva ci stanno dentro perché sentono che quello è il loro modo di esprimersi, non perché ascoltano questo o quell’altro. Ragion per cui consiglio caldamente l’ascolto di questo disco, espressione della più pura attitudine musicale della nostra generazione, fatto di testi come graffi, e di musica come semplice fattore collante nell’amalgama musicale.
(Mario Mucedola)