Lo spazio che intercorre dalla contea di Hertfodshire all’utopica e lisergica isola di Pala di Aldous Huxley non è indifferente. L’album di debutto nel 2008 dei Friendly Fires è stato nominato per il Mercury Prize e due Brit Awards e per tre anni ha lasciato l’Inghilterra con il fiato sospeso in attesa di Pala, annunciato nel 2009 e uscito solo il 16 Maggio di quest’anno, preceduto dal singolo “Live Those Days Tonight”.
Le 11 tracce al primo ascolto non riescono a superare le aspettative e, forse, neanche a soddisfarle. Il trio di St. Albans si muove su atmosfere anni ’80, synth pompati e sonorità annizero, dando vita a un pop-dance-floor omogeneo che si lascia ascoltare, ma non si ritrovano più i piacevoli echi dei Bloc Party, dei Franz Ferdinand e, perché no (?!), del contributo ai Vampire Weekend.
Pala si dovrebbe dire più maturo e invece rischia di scadere velocemente nel dimenticatoio, infatti non si notano momenti degni di nota come “Jump in pool”, “Paris” o “White diamonds” del 2008, ma il singolo “Live Those Days Tonight” riesce a mantenere alta la sua forza in potenza insieme con l’esotica e galleggiante Pala, in cui Ed Macfarlane quasi in sospensione estatica sussurra “I couldn’t care if we die here”. Gli altri brani che riescono a tirarsi fuori dal continuum pressoché indistinto del nuovo album sono “True love”, “Pull Me Back To Earth” e la progressione melodica di “Chimes”.
Pala con la produzione di Paul Epworth e la collaborazione del Harlem Gospel Choir e di Alex Frankel degli Holy Ghost, registrato tra Londra, Francia e Stati Uniti è un album fatto bene, è un album fatto con la testa, ma non con il cuore. Pala avrebbe potuto e, forse, dovuto fare di più.
(Simona Cannì)