“Love’s The Most Expensive Comedy”. Un titolo che già tutto un programma, sia che si possa essere d’accordo o no. È il titolo usato dai Cheap Mondays (nome carinissimo!) per battezzare il loro primo disco. Dopo alcuni ascolti, ho la forte sensazione che questi ragazzi siano più una live band: quel gruppo che sul palco si sente a casa, che sul palco riesce a tirar fuori il meglio di sé grazie a una situazione nella quale predominano la spontaneità e l’immediatezza. Spontaneità e immediatezza che, però, nel disco mi sembrano un pochino soffocate, nonostante la cura e la produzione del lavoro siano davvero buone. Chiariamoci: può sembrare un’affermazione che scredita i cinque ragazzi ma, credetemi, è tutt’altro!
Senza eccessive pretese, Love’s The Most Expensive Comedy prende posto nel moderno filone di matrice indie-rock britannico influenzato dal post-punk, influenza per altro fortemente dichiarata dagli stessi Cheap Mondays, con riff molto più tendenti al post-punk e alla new-wave che all’indie rock. Il lavoro finale è un buon disco di 12 tracce nel quale i cinque riescono ad essere coinvolgenti e più che convincenti anche grazie ad alcune differenze dai gruppi standard del genere. Ad esempio, si dimostrano aperti ad influenze elettroniche (“Neonlight Queen”), ad improvvisi e un po’ inaspettati cambi di tonalità (“White Peach”) o al sostanziale aumento dei bpm e allo sfoggio di un’attitudine più punk (“It Takes So Much To Be Wrong”), il tutto condito anche da un basso che qua e là si apre ad un suono più synth. Sanno come colorare la loro musica, insomma. Senza però sembrare l’odioso recensore che cerca troppo il pelo nell’uovo o che considera l’eccessiva originalità un punto necessario per un buon lavoro, posso dire senza timore che i Cheap Mondays funzionano bene allo stesso modo nella semplicità del loro suono, tanto che i brani che io reputo i migliori (su tutti “On The Anvil” e “Let This Night Tread On Us”, che ha davvero un bellissimo ritornello!) sono proprio quelli più semplici dal punto di vista sonoro ed inoltre, sanno come prendere l’ascoltatore e fargli muovere la testa o farlo saltellare. Lo dimostrano l’iniziale “Petals” (mi sono ritrovato a canticchiarla già al secondo ritornello!), “1792 And The Head Falls” e la già citata “White Peach”. Stesso discorso per “Damasco”, singolo più recente che non è incluso nel disco ma che i Cheap Mondays ci regalano attraverso loro pagina LastFM che, personale riflessione, vedrei molto molto bene accompagnato da un videoclip.
Finite le 12 tracce, credo che i Cheap Mondays abbiano confezionato davvero un buon lavoro. Loro ce lo presentano addirittura in free download e credo che meritino di essere ascoltati; oppure, se avete occasione di vederli dal vivo, il mio consiglio è quello di andarci. In definitiva, credo che questi ragazzi sappiano davvero come prendervi. Sia che siate dei rocker pantofolai o drogati di musica live.
(Carlo Baldini)
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