I Vaccines ce lo chiedono subito: cosa vi aspettate da noi? Il nuovo quartetto che in Inghilterra furoreggia già da un paio di mesi (l’ennesima bollatura del fenomeno next big thing) ci domanda cosa ci aspettiamo da loro già dal titolo del primo album, What Did You Expect From The Vaccines? Qualche languida ballad e un paio di tracce ritmate e rock and roll, verrebbe da rispondere.
L’album è costruito proprio con quello che ci aspettavamo: ci sono i pezzi ritmati, le storie rock di giovani ambientate fra feste e ubriacature, storie d’amore e di sesso. Canzoni come “Wreckin bar (ra ra ra)”, “Noorgard” e “Wolfpack” entrano già in testa dopo il primo ascolto. Si ha subito voglia di riascoltarle data anche la lunghezza delle canzoni (alcune sotto i due minuti). Sul versante rock festaiolo e allegro, i Vaccines se la cavano discretamente, sono sornioni, creano un insieme di sonorità con influenze riconoscibilissime (vedi molti dei gruppi storici del rock anglo-americano dagli anni sessanta fino all’altro ieri) ma sempre originali. Portano un vento fresco nei territori del rock, ormai battuti da più di cinquant’anni di pazze scorribande. Canzoni più languide, ballad come “A lack of understanding” non convincono fino in fondo. Quando i Vaccines tentano di attraccare in territori più introspettivi e melanconici suonano come la copia dell’ennesima band che vuole omaggiare i Joy Division. In questi tempi, è quello che fa una buona fetta del panorama musicale indipendente, con risultati più o meno convincenti.
Nel complesso l’album raggiunge la sufficienza piena, sperando che con il tempo i Vaccines crescano senza perdere mai di vista il lato più sbarazzino e, allo stesso tempo, curino maggiormente quello più emotivo, personalizzandolo.
(Giorgia Furfaro)